crepuscolare intesa tra versi e immagini.

crepuscolare intesa tra versi e immagini.

venerdì 27 febbraio 2015

(-9) Di un sole obliquo e un respiro a metà

[il sole è obliquo sui sampietrini
illividisce la riva, acceca il canale
il cielo è terso, solo qualche baffo
inganna questa spietata bellezza]

Poi vorrei raccontarti di come
le rondini siano esperte in volo
ma tu già sai l’azzurro graffiato
dalle geometrie di ali sì ardite.

Vorrei parlarti ora che il cuore
ha il sangue operaio che fatica
ora che l’anima ha ancora vita
per dare fiato a labbra incerte.

Tu sai. E credi inutili le parole.
Ma fammi ripetere all’infinito
che un respiro sia pure a metà
con te vicino è un sorriso raro.

Forse saranno brevi i miei voli
ali di gabbiano senza timoniera
mantice sfiatato di fisarmonica
suonerò valzer di una nota sola.

Sarà una nuova offesa al costato.
I polmoni stanchi avranno aria
bastante per questo sole obliquo?
Un respiro a metà è la risposta

giovedì 26 febbraio 2015

(-10) Spietatamente bello

Il sole obliquo di Febbraio
ha lame di luce acuminate
ferisce gli occhi nei riflessi
fa a nascondino coi ricordi.

***
Sarà come sull’ottovolante
-la discesa di ripidi viottoli-
pagare il sorriso sulla vetta
celando i declivi alla vista?

Mitezza del mio/tuo respiro
-la brezza gentile della sera-
lo sguardo di lassù è sereno
abbracciati sull'ottovolante.

***
Il prossimo giro è prenotato
-vorrei un biglietto per due-
il respiro a metà è una lama
del sole obliquo di Febbraio.

Spietatamente bello.

mercoledì 25 febbraio 2015

(-11) Soliloquio

“Hai piedi.”
-Lo so.
“Puoi andartene”
-Nevica.

Uscire dalla metafora?
Il cielo è livida pomice
a est fuggono i cavalli
il carro ha ruote bolse.

[è capovolto il mare nel cristallo
 nevica polvere di antico dolore]

Non chiederti cos'è la cenere
che t’inneva da capo a piedi,
il giorno che speravi radioso
a oriente è nato orbo di sole.

[la sfera di cristallo m’è matrigna
ma ha seno bastante pel ritorno]

“Hai piedi.”
-Lo so.
“Puoi tornare.”
-Nevica.

lunedì 23 febbraio 2015

(-12) Pane e fagioli

Le foglie di tabacco
ad asciugare al sole
lenzuola verderame
d’acceso salentino.

È incedere d’assonnato treno
su binari e vecchie traversine
squarci di blumare che acceca
ulivi e sassi -case bianco calce-

Attraversa il tavoliere quasi tradotta
lento offre allo sguardo aie assolate
giochi di luce riflessa tra mare e case
tra capperi e ulivi, tabacco e vigneti.

È lampo di memoria impigrita
lettere di tastiera immaginaria
schegge di sole e blu tra le dita
Salento riarso tra le mie ciglia.

Sulla soglia di pietra
sostano piccoli piedi
sorridono alle labbra
il sole, pane e fagioli.













(immagine da web)

(-13) La ragnatela strappata

Oggi un ciottolo ha lacerato
la mia trasognata ragnatela
assurda nelle sue geometrie
rattoppata ma tenacemente
avvinghiata, legata alla vita.

[poi, barene di verde livido coppale
e garzette attonite statuine di gesso]

Anni sconvolti di affannoso tessere
geometrie assurde, rattoppi faticosi.
Il mio scudo è una ragnatela appesa
tra cielo e terra tra sogno e abbaglio
improbabile trappola per il destino.

[poi, il ciottolo che saltella sull'acciaio
la laguna una lastra, la vita si diverte]

Così rimango appeso all'ultima bava
ciottolo nella tela, predatore e preda. 

sabato 21 febbraio 2015

Nessuna certezza

[odio chi ha la verità in tasca
e nessun dubbio in petto
la sicumera del predestinato
e l’arroganza degli occhi]

Strana quella lama di luce
che filtra felina dalle imposte
-graffi a metà respiro lassù-
come schermo di pallida calce.

Nessuna certezza.

[odio chi recita il nuovismo
e indossa vestigia antiche
chi decanta finti palcoscenici
e fatica a spegnere la scena]

Eppure ci sei, sento il fiato
pelle contro pelle come allora
-il soffitto racconta un film-
ombre cinesi di esperte mani.

Mia unica certezza.

giovedì 19 febbraio 2015

Tra parentesi

Acciaccato aliante non perdere le ali
non inseguire l’arroganza degli stolti
che hanno imbrogliato l’intelligenza
con l’insulto sanguinoso alla ragione.

Vola, fiero della tua pacata debolezza
è insita nel tuo essere fragile artefatto.

Tolleranza, sensibilità spesso confuse
travisate dalla perfidia dell’insipienza
ma tu conosci ciò che il cuore ha visto  
quello che occhi ottusi hanno respinto.

Un airone apre una parentesi lassù.

Il dolore qui al costato, il veleno corre
riprendo il volo mentre il sole incendia
ora c’è un fuoco laggiù e il mare affoga
gabbiani fanno corona al peschereccio.

Ricordo di piccoli cria e croci d’acciaio
scolora il tramonto, appassiscono le ali.

La notte è uno spartito scritto sul cuore
e il respiro metronomo di parole celate
scrivo a labbra serrate e termino il volo
nascondendo le ali sorrido della canizie.

Una falce di luna chiude la parentesi. 

mercoledì 18 febbraio 2015

Diario

In ordine sparso. Raccolgo.

-il buco nero lassù vomita stelle-

La luna è un piatto sporco di parole
ondeggia tra un se e un ma del canale.

Ti lascerò ali di polena rose dal mare
e scarpette stonate da ragno ballerino.

Il kebab in fondo al neon asmatico
ha il sorriso di pietra di arabi sudati.

Un giorno scriverò di tutto questo
e tu chiamerai poesia gli avanzi di luna.

-occhi e parole rotolano per la calle-

Domani comprerò un diario.  

martedì 10 febbraio 2015

Ascolta, brucia

Ascolta, brucia.

È un crepitare assordante d’anime
-fascine stagionate di odio antico-
e l’acre fumigare soffoca il cuore.

A est il sole nasce e non vede luce
-la bussola della ragione è sbadata-
l’oriente è sepolto senza una croce.

Ascolta, canta.

Improvvisa resipiscenza dei cantori
-la pièce dell’ipocrisia è alla ribalta-
a ponente la speranza è senza voce.

Stona oramai questo canto asfittico
-la coscienza come ascia riesumata-
senza fiato il sibilare non ha ascolto.

Acro di fiele il fumo, angustia la gola
-i falò hanno camini di orrida storia-
piaga il sapore di metallo che uccide.

Ascolta, sanguina.

domenica 8 febbraio 2015

Sono solo attimi

Ci sono momenti in cui la chiarezza
di pensiero è tale nel petto da far male.
L’alternare ambio dei passi sulla riva
frantuma in mille coriandoli di luce
la luna svogliata che si burla del canale.
Non ho voglia di caffè. Non stasera.

Respingo le lusinghe ruffiane del bar  
il cenno del capo sorride al pescatore.
L’ultimo peschereccio rientra, accosta
e la piccola frotta di gabbiani disillusi
si accomiata straziando il palco lunare.
Il motore affaticato ansimerà per ore.

È un attimo.

Il tempo si è fermato sullo spigolo del cuore
è in bilico lo so e il pensiero non lo soccorre
e le tessere del puzzle sparigliate dai riflessi
perderanno il mio profilo danzando la luna.

È in quest’attimo di malinconica atarassia
che misuro il vuoto che avrei al mio fianco.
La notte così spietata nella sua trasparenza
mi racconta di un domani senza te accanto.

Ma è solo un attimo. 

mercoledì 4 febbraio 2015

No, non mi arrendo

Erano piombo colato le parole
di questo sapeva la carta del giornale.

Erano panini figli del dopoguerra
di questo sapeva l’impronta del salame.

Erano scarpe di gomma bastarda
di questo sapevano i salti sul linoleum.

Erano mattoni e gessetto sul muro
di questo sapeva il campetto di calcio.

Ed erano frutti di bosco d’acerbo sole
il gusto dei baci rubati a gote porporine.

Sì, ricordi. Ancora e ancora ne parlerei
-a te che il forno d’acciaio del progresso
ha tolto il gusto mortificandoti le scelte-
con una password il desco del fast-food
ha incartato di vento il sapore della vita. 

No, non mi arrendo all'afasia del palato. 

lunedì 2 febbraio 2015

Adagio adagio (che non si svegli il silenzio)

Adagio. A passi felpati.

[sono entrato senza bussare nel tuo cuore
le spine di antichi amori con passo felpato
-ho costretto celando il ricordo del dolore-
nel pugno che stringeva rose rosse di rovo]

Forte. A lingua sciolta.

Forse fu un azzardo quella mia spregiudicatezza
ma il cuore batteva un ritmo ancora sconosciuto
sicuro, il tuo sorriso celava un sì di timide ciglia
e il racconto ebbe un prologo di promessa poesia.

Sì, cinquanta anni fa ho inciso l’incipit nell’anima
di questa lirica ho conservato omissis e correzioni
e la chiusa -ancora tutta da scrivere- è nel silenzio
che coccola mille parole appese alle nostre labbra.

Adagio. Ho intinto la penna.

[e ora sono qui, rannicchiato tra le tue ciglia
-rapì la mia blusa da marinaio il tuo cuore-
erano anni spudorati quelli, di roseo futuro
ancora stringo in mano le rose del domani]

Forte. Accarezzo il silenzio.