lo spazio del
marciapiede sotto casa
era lo scendiletto
delle rotaie del tram
i pattini appesi
nel buio dello stanzino
erano le propaggini
delle mie gambe
quello spazio dove il
cielo era più cielo
-dove mi
“scapicollavo” col carrellotto-
mia madre diceva
che era il mio tempo
ma l’ho venduto ai
calzoni lunghi, dopo
Ma poi che vale rimestare tra ricordi scontati?
Ognuno ha una bisaccia attaccata alle natiche.
Vorrei non avere cirri e nembi grigioneri corvi
uccellacci untori sulla spalliera dei miei sogni.
Credimi ho sepolto illusioni sulla riva -era ieri-
ti aspetto tutte le notti sul carrellotto di legno,
me ne frego dei sogni tanto al mattino rinasco.
(mentre beviamo il caffè rido inopinatamente)
Fammi spazio stanotte.