crepuscolare intesa tra versi e immagini.

crepuscolare intesa tra versi e immagini.

sabato 24 dicembre 2016

La sottrazione dei pani e dei pesci

Dio, dove sei?

Sento l’urlo fin dentro me
urlo che scassa il petto
il torace è una discarica
di pietre riarse dalle bombe
dall’odio mentecatto
e concupiscente dell’uomo.

Uomo, dove sei?

Aleppo l’ho letta e straziata
negli occhi dei bambini
e il terrore che traspariva
in quelle pupille lacerate
da quell’orrore inspiegabile
m’ha gelato vene e parole.

Hai sottratto la vita
moltiplicando l’odio.

I conti non tornano.


domenica 18 dicembre 2016

L’aquilone in minigonna fucsia

È stato un bel viaggio.

Fu assai semplice, più del previsto,
bucare le soffici nuvole Biancaneve
-forse i sette nani furono distratti-
dall'aquilone in minigonna fucsia.

Eh sì, c’era voluta tanta carta velina
-arricciata sulle esili stecche di balsa-
anelli di colori impazienti -incatenati-
quasi coda di cucciolo in attesa felice.

Così, quando insieme lo inforcammo
fu spontaneo per noi alienare il molo
-gli occhi rapiti dall'approdo lontano-
che mai avremmo sognato così vicino.

Si volò nonostante il fragile equilibrio
-mentre la coda sferzava felice il blu-
Crono fu distolto dal fucsia malizioso
e noi beffammo le Parche in ambasce.

È stato davvero un bel viaggio -io e te-
a cavalcioni su quello strambo aquilone
che la nostra fantasia volle così audace,
giocoso ancorché ammantato d’astuzia.

Selene -in minigonna fucsia- ci sorride
parcheggiammo l’aquilone lassù….ieri?

sabato 10 dicembre 2016

Estro: esaltazione o pungolo?

Morso di tafano o resipiscenza tardiva?

[troppi i lustri, troppe le lune indagatrici
troppi i fogli infiorati di versi innamorati
troppa infine la comprensione materna
per le mani discole e riottose al richiamo]

Fu morso di tafano.

Ora sì, nonostante il torrido dell’estate
sia giustamente un ricordo sbiadito,
il pungolo delle mani -ridestate all'antico
sapere e ammaliate di nuovo dai colori-
ha sostituito di soppiatto l’estro dei versi.
Ma ho un laccio nella poesia che doma
l’imbizzarrire delle dita sulle tele virginee
e sa come riportarle al racconto sereno
di un anima ormai quieta nella dicotomia.

O resipiscenza tardiva?

Anima mia, l’amore ha sospiri colorati
e saperli catturare con poesie e pennelli
è esercizio che gratifica e esalta l’anima.

Lo chiamerei estro.

*immagine da web

venerdì 25 novembre 2016

Attesa

Non so se quello strascicar il fiato,
-quell'illividito, afono epigramma-
custodito penosamente nel costato
abbia mai avuto pena di disvelarsi.

Non so se il tempo allora congelò
il mio profilo, diafano maratoneta
protagonista/figurante errabondo
per asettici corridoi notte e giorno.

O fu il dolore che celò i miei versi?

Di quei sentieri d’anima scorticati
m’è rimasto questo saio monacale
quasi che lo scarno poetare possa
beffare l’ombra che m’era accanto.

(senza lacci semantici anima mia
lungo quei corridoi -quelle corsie-
ho navigato i momenti della vita
accarezzando tra le dita la paura)

Dell’attesa.

Attesa
acrilico e pastelli
su cartoncino 23 x 30

venerdì 18 novembre 2016

Istantanea

Surrealtà, un tempo infinitesimo -flash-
catturato tra un battito di ciglia e l’altro
un fermoimmagine -tessera di mosaico-
da riempire stipando i battiti del cuore.

Odore di trementina, pennelli in apnea
sgrano colori quasi perle -anni d’amore-
stempero le attese di un’anima sedotta
ridestata dal torpore del sonno placebo.

Davanti al bianco assoluto della pagina
con i pensieri le emozioni, colori e versi
che affollano le mani, la paura m’assale
l’ignoto della creatura in fieri m’avvolge.

“Every beat of my heart” (thanks, Rod)

Inutile tentativo di consolare in musica
le farfalle che s’arruffano nello stomaco
ho asciugato i pennelli, la tela è pronta
e il monitor sorride sornione nell’attesa.

Riprendersi questa dicotomia ritrovata?
Sì era ora, le bugie hanno le gambe corte
nascosta sotto le gonne della tua poesia
velata nella beltà e trasparenza dei versi.

Scatta ora, sto sorridendo.

lunedì 7 novembre 2016

Pierrot Le Fou

Aveva coltivato il suo amore
come una incantevole falena
ma il bozzolo abortì la ninfa
sì altera che rigettò le sue ali.

Cominciai così la narrazione
di dolenti versi -piccoli sogni-
prono tra le pagine della vita
e sanguigne gocce segnalibro.

Come Pierrot racconto il volo
che non ha saputo imbrigliare
ali troppo leste per il cemento
del viso pittato di bianca calce.

Storia dipinta in punta di dita
amore lacerato dal vivo colore
fragile cuore di rosso baccarat!
La pupa dispiegò il trine alato.

E lui impazzì.

Pierrot Le Fou 
Franco Pucci

mercoledì 19 ottobre 2016

Quel tram numero 68

Non so come possa essere successo
ma il tempo si infilò di soppiatto
tra le pieghe e i recessi del respiro
dilatandolo a dismisura, tant’è vero
che ancora adesso viviamo l’apnea
di una eterna, dolcissima poesia.

Non so se il controllo ci colse in fallo
se il biglietto fosse scaduto o farlocco
so solo che obliammo fermate -e ora-
vacilliamo allo sferragliare della vita.
Ma il viaggio meritava la baldanza
e l’incoscienza di due cuori bambini.

Fu dolce salire su quel tram -allora-
nell’aria le note di un vento di pace
spazzando le incertezze del domani
ti cullavano con splendide utopie.
E il sorriso nel mare dei tuoi occhi
non fu marinaio, ci sostiene tuttora.

No, noi non scendiamo -non ancora-


mercoledì 12 ottobre 2016

Ballade du Pierrot Lunaire (poème de doléance)

Lascia che io sia per una volta ancora -l’ultima-
la maschera che più mi s'addice e più mi veste.
Lassù hai compagnia, le stelle sfoggian lustrini
e l’amante tuo Sole s’è eclissato rosso d’invidia.

La pista è deserta stasera e le tripoline attonite
paion come braccia scheletriche protese al cielo
attendono che il cannone -orbo della sua dama-
erutti fiamme e lapilli come Vulcano ingannato.

(la Donna Cannone s’è persa lassù fra le stelle
ora di lamé e lustrini vestita recita a soggetto)

Oh, guardiana dei sogni di noi lunatici erranti,
tu che conosci le strade che portano al delirio
ferma questo mio cuore colmo d’un -amor fou-
e guida il mio lamento verso crinali più sereni.

Preso da un vento sconosciuto e ammaliatore
ho dedicato versi e ululati -tu mi perdonerai-
colmi d’amore e passione talmente incatenati
che la dama scapigliata accolse con un sorriso.

(Eolo s’è chetato, più non trasporta il mio dire
e la dama è oramai una flebile brezza gentile)

Lascia ordunque che io sia il Pierrot Lunaire
che declama alle stelle la sua ultima canzone,
ho colto il verso dimenticato in questa poesia
e lo voglio dedicare a te mia confidente amica.

La chanson c’est fini, rien ne va plus.

(la Donna Cannone non è più tornata)

Pierrot Lunaire
olio su cartoncino 30 x 42

domenica 2 ottobre 2016

Accadde così, una notte

Così, quasi fosse inevitabile
mentre l’acciaio mordeva e bucava
il refolo fuggiasco recitò sospiri
che lusingarono la notte morente.

Eppure pareva indistruttibile
quella corazza temprata dagli anni
ma l’anelito, un verso, la poesia
furono bastanti a darti ali inattese.

Così, quasi fosse un aliante
mentre il sogno librava sul dolore
la corazza come pupa inanimata
restò appesa alle paure del passato.

Eppure pareva impossibile
oltrepassare la caligine della neve
le certezze degli antichi tratturi
per riscoprire l’amore dimenticato.

Così, quasi fosse giorno.


venerdì 23 settembre 2016

Giano o Pierrot? (lavori in corso)

È un cielo lacerato -lassù m’attende-
Sospeso come un Pierrot irrequieto
cerco appiglio tra i seni delle nuvole
mentre l’attesa disegna astri avversi.

Se la tristezza tradisse il tratto felice
avrei ago e refe per suturare la volta
e l’indecisione dietro il mesto sorriso
l’alienerei al suk come burla circense. 

Così sento. Così resto. Così scrivo.

Scrivo il passato -immagino il futuro-
occhi oltre la volta catturo Supernova.
Così se fossi Giano aprirei quella porta
che nega serenità alle anime irresolute.

Ma sono un Pierrot dalla lacrima finta
e se della mia maschera il cielo si burla
recito al meglio il tramontar degli anni
beffando l’incerto equinozio d’autunno.

Così coloro la tela riottosa. La vita.

Giano o Pierrot
olio su cartoncino 30 x 42



mercoledì 14 settembre 2016

Adieau chador

Oh, sì oltre il limite dell’indifferenza
a volo planare sulla “Torre dei Ferri”
mentre il muezzin alza il richiamo
imploro con gli occhi il tuo consenso.

Che so non sarà mio.

Padre
Non ho paura del giudizio,
bensì del pregiudizio.

Padre
Ho occhi sfrontati dell’età
e sogni nello zainetto.

So che lassù mi sorride un cielo
cielo da condividere oltre il dolore
cielo promesso straziato dal sangue
e dall'orrenda cecità della guerra.

Padre
Ho occhi che sanno di luna
e capelli color del grano…

Lo sapevi?

No.

Adieau chador, alors.

Pucci Franco
Acrilico su cartoncino


domenica 11 settembre 2016

Una domenica così, in attesa del colore

Quel blu che viene dal mare
racchiude in se semi di cielo
distratto all'amore degli dei
dimentico di cerulei sguardi.

(intanto stempero l’acido
di un’altra notte insonne
col sorriso verde-laguna
e l’eleganza di un airone)

È una domenica tra le attese
confusione che buca il cuore
voglia di colore che opprime
controra che affanna -tedio-

(lenzuola di candido lino
ornate d’arte arrogante
deflorate da avido colore
diletto di satrapi silvani)

Il gabbiano strazia l’azzurro
il mare riflette il suo dolore,
scrivo versi in bianco e nero
in una domenica abbozzata.

Attendo.


domenica 4 settembre 2016

Com'eri bella, come sei bella -sorridi-

Quante volte ho domandato, ho implorato
quale segreto nascondi dietro quel sorriso     
dietro quella radiosità lunare, impensabile
ora quando tutto sembra crollarti addosso?

(quando la vita pareva vincere la partita)

E quante volte m’hai insegnato il coraggio,
-con la forza di raccontare sempre se stessi-
quella volontà di vivere, malgrado l’insulto
non ci abbandonò lungo i tratturi della vita.

(il mio respiro sospeso accanto al tuo)

Sì ho sfogliato l’album dei ricordi stanotte
e… le foto in bianco e nero dei nostri anni
e noi nei voli di farfalle come agili gazzelle 
saltavamo gli anni di una strada destinata.

(il sogno tradisce i pensieri, rapisce)

Il ritmo del tuo seno conforta il mio soffio
com’eri bella nel bianco e nero dei ricordi
e come sei bella ora che conosco il segreto
ora che so del tuo sorriso come sfuggirmi?

Bella mia, si va al mare?

(sorride il tuo respiro nel sonno)

Albeggia.

*“night by Kharlamov”

giovedì 25 agosto 2016

L'ultimo tuono

L’ultimo tuono ha sbriciolato le mura del cuore
e la notte s’appresta volta di bitume e pietrisco.
È la notte in cui il blasfemo ha il ghigno sicuro
e l’ira impotente ci riveste come seconda pelle.

Ho sperato che lo scorrere del tempo mitigasse
questo amaro che la vita piano piano mi regala
ma il tempo si fa gioco delle tue intemperanze
e il sangue di ogni tua spina è irrilevante lassù.

Passerà questa apatia di sentimenti che astuta
m’offre rifugio in anfratti di alibi inverecondi,
m’inganna con la paura d’aver perso le parole,
le poesie inaridite, timorose di ogni brontolio?

Passerà mi dico mentre la terra vomita dolore
e questa mia arroganza di futile molecola pare
come l’ennesima prova della superbia umana,
della voglia di rinchiudersi nel proprio guscio?

Se interrogo la notte, tuona. 


lunedì 15 agosto 2016

Forse sì, forse è così

Sì, forse la magia della notte delle stelle cadenti,
seppure non abbia mitigato con il suo spettacolo
il dolore e lo sconcerto per un sorriso interrotto,
ha senz’altro chiarito quale avido cielo aspettarsi
d’ora in avanti. Ognuno in cerca di una sua stella
da catturare, imprigionare nella scatoletta d’osso
incurante se il cuore protesta il suo spazio rubato.

Convinto delle sue certezze acquisite o espropriate
non si cura delle sofferenze altrui e -pronto, abile-
nel catturare errori o dimenticanze, non perdona.
Io che non ho l’abecedario celeste non leggo l’oltre
e che a poco a poco dissecco la fonte dei miei versi,
mi ritiro come paguro attonito nel carapace rubato.
Non più sorrisi oramai, solo distratta indifferenza.

Inutile esercizio flagellare l’anima interrogandosi,
quando hai la coscienza di aver stretto la tua stella
e non averla saputo custodire nella teca di cristallo.
Gli errori sono figli di supponenza, di superficialità
e non vale più d’un soldo bucato dar loro cognome
le stagioni incalzano non si curano dei tuoi patemi.
Sarà perché spesso si è distratti nel misurar la vita?

Sì, forse è così. Ma non basta. 


giovedì 11 agosto 2016

La mia notte di San Lorenzo

Dal mio spicchio di cielo
due stelle e una falce di luna
attendono.
Due punti in una parentesi tonda
sulla tastiera della volta celeste,
basterebbe digitare.
Sarebbe semplice e forse lo è
in un mondo che non ha parole.
Ma ho dita rattrappite dal gelo
di un Agosto matrigno,
e i tasti sono così lontani…
Lascia stare Franco,
è la notte di San Lorenzo
esprimi un desiderio.

-due punti in una parentesi tonda-
e il sorriso rimasto incompiuto
tra le stelle e la luna.

Punto.

* opera di Renè Magritte

domenica 7 agosto 2016

Dies irae? (caffè nero, amaro e bollente)

Il cielo cola lava e bitume stamane
è così difficile penetrarne l’essenza.
Muro che stilla onice e riga la volta
che istruisce t’esclama e t’interroga.

Alterna bagliori rosso sangue d’ira
che spaccano il cuore di chi assiste
a cupi brontolii di vulcano piagato.
E sia, non so e non posso sottrarmi.

-flashback-

Piccole croci di legno senza nome
croci d’osso ingiallito di sole cattivo
conchiglie, perline di vetro colorato
rosario d’ingenua e blasfema speme.

Stretto in pugno di livido nerofumo
la cordicella di sporco antico pende
le nocche tagliate sorridono al sole,
un primo piano nel mare del pianto.

-recall-

Io che stringo tra le dita la tazzina,
che guaisco dei miei piccoli dolori
non ho ancora capito che la verità
è nel cuore di chi sa leggere il cielo.

E l’alba -livida come il mio umore-
parata dall'istrionico cielo di pietra
fa la sua recita sul palco della vita
mentre inseguo un sonno agitato.

Non basta annegare la tua albagia
in un mare liquido nero e bollente,
non sempre le parole ti sono note
e le istantanee del cielo avvelenano.

Non so più seguire stracci d’anima
e il caffè è solo amaro, non sutura.
Non so più leggere i versi né il vero
e il vocabolario ormai sa di muffa.

Buongiorno Dio. Caffè?

* foto da web

domenica 31 luglio 2016

L’oltre del cielo è un soffitto piatto

L’oltre del cielo è un soffitto piatto dove palloncini esausti,
aquiloni disubbidienti, sorrisi disattesi pencolano in attesa
dei rimorsi tardivi di mani improvvide ai fili e bocche avare.

L’oltre che -incautamente- ho cercato, spesso mi ha trovato
indifesa e fragile anima rinchiusa in una gabbia di cristallo
inutile corazza per gli assalti di aghi d’acciaio e venti lenoni.

L’oltre infine ha catturato anche il mio aquilone rattoppato
dalle code di sorrisi intrecciati che, stanco di cieli condivisi,
ha voluto bucare l’azzurro dileggiando le mie dita ignoranti.

L’oltre non c’è, c’è solo il dolore di un cuore bambino.

*immagine da web

giovedì 28 luglio 2016

Poesia precaria -a tempo determinato-

Vagolo a piedi nudi quest’assito colloso
cercando inutilmente levità di pensiero
le nubi sono cappotto d’astrakan -bigio-

Il gabbiano innamorato lacera la fodera
vestirò questa malinconia che sa di mare
la sfoggerò domani  e sarà greve il passo.

Vanno e vengono da Sant'Andrea beghine
e non mi eccita il cinismo che fa capolino
ma non v’è il fuoco nel cielo stasera -bigio-

È’ l’ora della confessione salvifica del cero
penso che nulla salverebbe anime ipocrite
se non una catarsi corale da cui non riparo.

Chiedo poco altro per me -oh, sì fortunato-
solo la tua ferrea convinzione che l’amore
abbia supremazia anche sui disegni divini.

Io e te -poesia precaria- ma determinata.

https://youtu.be/R8MzHqkNBwo



giovedì 21 luglio 2016

...e così sia!

“ho chiuso i battenti, arroccato gli scuri
con un guanto di ferro pulito i pensieri
l’orgoglio piagato nelle battaglie di ieri
è patacca d’oro dei miei anni immaturi”

Un piccolo fardello tutto sommato non pesa
l’incoscienza non ha età così come il sorriso
e rido di me della mia cocciutaggine annosa
ma prenderne coscienza oggi m’ha sorpreso.

“ho socchiuso i battenti, divelto gli scuri
con un zefiro dolce ho titillato i pensieri
l’orgoglio tra i denti ha sibili battaglieri
ho un ghigno feroce che il cuore spauri!”

Filastrocca -quasi un mantra- o litania?

Così è, Pullecenè…e così sia!


lunedì 18 luglio 2016

Innamorato, disincantato affresco

Strana gente s’incontra sotto i portici a Chioggia,
esagerata nel proporsi, nel vociare, ribelle alla banalità
del comune senso del pudore -fa mostra di se altera-

Truci marinai, pescatori esibizionisti sfoggiano buccole
e diamantini ai lobi con la naturalezza e la ferocia
dello sguardo, come un vecchio bucaniere consumato.

Donne che definire mature sarebbe già passato remoto
fasciate in improponibili vestiti da sedicenni Nikita,
portano a spasso cortei di cellule obese con indifferenza.

Ah, individualista anarchica fiumana che ondeggia
riversando di quando in quando lo struscio sul Corso,
dove ad ogni piè sospinto chiese e basiliche rammentano
-con dovizia di campane- le radici di questa comunità
costantemente in bilico tra il sacro scritto e il profano.
Poi, quando l’intercalare blasfemo al tavolino m’attende
-con lo sguardo ormai perso nei flutti di cattivo vino-
la cronaca di un’alba deflorata tra grida roche di gabbiani
e l’incarognire del vento salso, diventa alibi nel racconto
di una vita difficile ma orgogliosamente attraversata.

Apro il portone la calle non fa una piega ormai adusa
ad ogni rumore o intemperanza e l’attaccaticcio umido
del vecchio androne di casa mi accoglie, carta moschicida.

Siedo al poggiolo, l’aroma del caffè rianima la timida falena
che schiude le ali e si libra colta da improvvisa energia.
Strani umori, acri e pungenti odori salgono ora dal canale.

Ho speso lustri e parole nel cercare la vita vera ed ora
-ora che si dipana, si disvela sotto i miei occhi e mi cattura-
ora non ho parole che per la mia gretta e arida superbia.

Non fosse che il cuore ha stanze sufficienti per le insanie
e i brontolii di un sognatore insaziabile, sai non sorriderei.

Ma è un disincantato affresco di uno strano amore.


lunedì 11 luglio 2016

Dio, ma è già domani?

Se riesco a dipanare questo filo sudato
-indolente e appiccicaticcio- dei ricordi 
forse riesco ad avvolgerne la matassa.

(la memoria ormai è come una vecchia
scatola di latta orfana dei suoi biscotti
e le date sono biglie di vetro impazzite)

Non voglio dedicare terzine senza fiato
a chi da troppo tempo lotta con la vita
a chi pretende il domani serenamente.

(la memoria è una giara di terracotta
cassa armonica di serenate cristalline
e i versi danzano l’amore nota su nota)

A te che ogni volta stupisci l’almanacco
e che regali sorrisi dolcissimi nel dolore
a te -anima mia- regalo questo respiro.

Dio, ma è già domani? Auguri. 


venerdì 8 luglio 2016

Quattro chiacchiere con un’amica

Amica mia, saggia poesia.
Il vento è calato ed è sopraggiunta la vita
-vorace ha fagocitato gli ultimi refoli ribelli-
il cuore sta disegnando graffiti sull'anima
ora ho un arcobaleno di emozioni spray.

Amica mia, dolcissima poesia.
Il racconto è affogato nel bianco del foglio
-parole danzano sui bordi restie ai richiami-
piccole gocce di sudore imperlano i versi
lo tsunami non risparmia gli argini dell’età.

Amica mia, malinconica poesia.
Sorridimi, per te ho in serbo surreali viaggi
-calette di bianchissima rena da scoprire-
quartine d’amore rubate al mare geloso
e fantasmagoriche pièce su un palco lunare.

Amica mia, intristita poesia.
Non temere la vita non ha impaurito il fiato
-forse ha scompigliato la neve tra i capelli-
sai m’è rimasto abbastanza colore nelle dita
e stasera la tastiera è penna d’oca e calamaio.

Prima che la vita se ne accorga.

°lips- opera di Dagorov

domenica 3 luglio 2016

Sogno di una notte di mezza estate?

È un affastellarsi di immagini
frammenti -emozioni rarefatte-
e i ricordi appisolati nell’anima
son tenere spigolature di sorrisi.

È quanto questa estate (finalmente)
-che ha messo all’incanto i capricci
e gli ardori di un’abortita primavera-
offre alle note dolenti del mio canto.

Eppure sei qui di nuovo, mi sorridi
non ho motivo di intristire la notte
i miei versi son batter d’ali di farfalla
ma non sono uragano tra grattacieli.

E così scrivo, di nuovo faticosamente
dirti che le notti sono state preghiera
laica ansietà, inquietudine alla sorte
speranza alla fine riaccesa negli occhi.

È sogno di una notte di mezza estate?
-sull’assito una malinconia di stelle
incorona la scenografia del desiderio-
ma recito, stanotte il sogno è solo mio.

Come sempre, sul tuo seno.

E volerò.


domenica 19 giugno 2016

Di mani piccole, bugie -disperse poesie-

“ho mani troppo piccole, vuote di parole
han colto troppe lacrime essiccate al sole
hanno dipinto angeli con ali d’aquilone
e han diretto il coro dell’ultima canzone”

Ho passato la notte a interrogare le mani
queste mie assurde appendici dell’anima
piccole -ma vetuste ormai nel disincanto-
orfane di voci bastanti a celarne il pianto.

Sai, ormai le parole rifuggono dalle dita
non vogliono essere complici di misfatti
e gli occhi afoni di immagini e metafore
versano lacrime di rancida gommapane.

“ho mani ormai sfinite d’inseguir poesie
han teso tante trappole nel contar bugie
hanno alienato l’oro per truccare versi
accarezzato invano cieli ormai dispersi” 

Sarà poi colpa delle mani?  


martedì 14 giugno 2016

Fermoimmagine

Spesso ho violentato tasti e manopole
avvolgendo e riavvolgendo la pellicola
nella frenetica ricerca di un’immagine
di un’istantanea -del sorriso della vita-

Spesso ho sfogliato l’album dei ricordi,
ne ho scollato vecchie fotografie -icone-
flash di un passato colto nei tuoi occhi
ma inchiodato su un anonimo cartone.

Ora so.

Ora so quanto inutile fosse quell'assillo
quell'ostinarsi a setacciare nell'archivio
la vita gioca a nascondarello col tempo,
se sai cogliere l’attimo, eterni il sorriso.

Click.


venerdì 10 giugno 2016

Tra le crepe del silenzio

Bambole allucinate, fragole accese
e poi voli di nottole orbe e riottose.
Assurda performance di un passato
che tenace non vuole uscir di scena!

Ora è filtrato (acrobata vermiforme
che attraversa con irridente facilità
le crepe del silenzio antico e coatto)
ho poche forze, che fare lo affronto?

-mi infilo nel suo spazio-

Si sta bene in questo silenzio accorto
il tempo scorre ovattato, senza fretta
ma so che la situazione è provvisoria
non durerà a lungo devo andarmene.

-innanzi che il passato sigilli le crepe-

(ho poche gambe, dammi una mano)


martedì 7 giugno 2016

Post-it

Terza costola a sinistra
sotto al cuore -giallo-
come foglia d’autunno
un urlo ricorda -rosso-

Il tuo nome.

Volevo un tattoo -cobalto-
ma Crono è insaziabile
ha fagocitato l’anima
e il tratto s’è spento -grigio-

Tenace, abbarbicato.

Nero di seppia indelebile
muta l’azzurro del cielo
incide il giallo della foglia
e sollecita la memoria.

Terza costola a sinistra
sotto al cuore. Uno strappo.

Il mio post-it arcobaleno.

Tu.


martedì 31 maggio 2016

Di terre riemerse, vino cattivo e vele lontane

Riemergere, scambiare i portici per sinceri tratturi
perdere la rotta tra le voci arrochite di cattivo vino
e poi leggere bonaccia nei cristalli aranciati di sole.

Vele lontane.

Sorrisi appesi alle code di folaghe perse al tramonto
e la camicetta di seta testimone di un amore maturo
che lampi di sole screziati accendono a sguardi felini.

Pessimo layout.

Seduto al tavolino conciono la boccia di brusco vino
mi annullo tra i passi strascicati dello struscio serale
e ascolto i pensieri farsi largo tra rintocchi petulanti.

Poche bracciate di terra, una laguna che mi canzona.

Riemergo tuttavia.


sabato 21 maggio 2016

Nonsodireno

Oggi il cielo è azzurro che liquefa gli occhi
irride alle malinconiche speranze disattese
si beffa del malumore e m’invita al sorriso.

-costringo la stizza nella bisaccia dei ricordi-

Ho imbevuto pupille e emozioni di cupezza
ché fatico ad accettare un chetarsi d’anima
ma apro le braccia come Cristo rasserenato.

-ah, cuore di pan di spagna intriso di cielo! -

Oggi il cielo è diamante che acceca l’orgoglio
sveste le malintese parole di accenti randagi
incide il cristallo della teca delle disarmonie.

-ah cuore, l’azzurro è alle labbra rasserenati-

Sì. Nonsodireno.


venerdì 20 maggio 2016

Mi fermerò al crepuscolo, lassù

E mi fermai in quell'intervallo di tempo sospeso
che colora il giorno prima che la coltre della notte
spudorata scoprisse le gambe diafane della luna.

Fu il rossore delle mie gote ancora implumi
a imporre materna tenerezza al suo sguardo?

E mi ritrovai di colpo a sognare altri tempi sospesi,
altre terre di mezzo, altri tratturi da percorrere
-lesto- prima che giungesse la stagione della neve.

Ora che sono al traguardo, ora che di crepuscolo
ho colorato le vesti, che sorrido al volgermi indietro,
mi accoccolo in questo ventre materno e galleggio
nel liquido amniotico che il tempo mi sta regalando.

Da qui ti scrivo e scolpisco queste parole nel foglio
antiche parole abusate, violate -sconosciute ai più-
leggile ora che la coltre della notte non oscura la via
le ritroverai come erme, tutore del tuo cammino.

Ascolterò i tuoi passi battere nel mio petto, lassù
e in quell'intervallo di tempo sospeso ti aspetterò.

-al crepuscolo la fiamma è brace inestinguibile-

Ma l’attesa spacca il cuore.


giovedì 19 maggio 2016

Quattro papaveri rossi

Quella macchia di carminio -indistinta-
insanguina il verde assediato dal giallo
pretenziosa stoppia di un sole anemico.

Lassù le rondini volano alte -straziano-
strillano dolore per la tavolozza di cielo
quell'azzurro perso nella fuga dal nido?

O è forse voglia della primavera negata?

Non ho animo di indagare -c’è poca luce-
una lama di sole orgoglioso buca le nubi
ora il carminio prende forma negli occhi.

Distinguo quei papaveri rossi -arroganti-
sento il grido del verde che muore piano
rabbrividisco mentre mi trafigge l’anima.

Lassù le rondini sono sparite in silenzio.

Attendo il tuono. 


sabato 14 maggio 2016

Insanity (o dell’oblio coatto)

Quando i fantasmi del passato lasciano la stanza
e si ripresentano nudi -senza la vestaglia bianca-
quando t’accorgi che la chiave dell’oblio inceppa
e non rinserra angosce e non chiude chiavistelli,
allora rincorri la ragione che tenta l’ultima fuga.

Anni passati a non ricordare, a spendersi altrove.

Vorrei avere ancora quella forza dell’incoscienza
ma il risveglio per quanto brusco graffia e segna
ho poco da raccontarti -anima mia- di me già sai
rincorro la ragione -per non dimenticare l’uomo-
le mie paure, i miei errori che tornano inevitabili.

Anni vissuti nell'insanità dell’oblio, dell’illusione.
Follia? Forse. Non rinnego nulla -era vita dovuta-

Spengo il buio -i fantasmi sono tornati- Oramai.

Dovrei coltivare biancospino.


giovedì 5 maggio 2016

Pulviscolo lunare e sale marino

Sarà stata solo fortuna?

Poi mi raccoglieranno, accucciato come feto sul selciato
-pulviscolo lunare e sale marino- sarà il tempo di mezzo
in quell'indeciso brontolio degli Dei che il cielo si aprirà
saranno finalmente more di gelso e roselline di Maggio?

O forse no. Troppo il desiderio, troppa la foga giovanile,
troppo il vuoto nello stomaco al solo proferir “distacco”?
Ma era un tram che passava e la corsa era di sola andata
gli anni cigolavano, hanno lasciato tenerezza negli occhi.

Forse sì. Nulla è mutato se non la falsa misura del tempo
il pulviscolo lunare -giocosa metafora- è figlio del mulino
che ha macinato amore e vita e ha impastato pane azimo.
Quel tram che ha ballato sui binari quasi fosse su un ring.

(sto ancora ballando il biglietto è scaduto -rivedo il film-   
e non ditemi che sono fortunato, perché potrei crederci)

Pulviscolo lunare e sale marino negli occhi. Forse piove.


mercoledì 4 maggio 2016

E la corriera va

Un respiro costante, immutato nel tempo le barene attendono il mare. Lo abbracciano, lo respingono, amanti esigenti. Pendolare coatto vivo il loro amore attraverso il finestrino mentre i sobbalzi della corriera creano scarabocchi sui fogli dove improvvida la mano tenta di prendere appunti. Lo scorrere delle immagini culla i pensieri, coglie attimi mentre gli aironi creano eleganti volute nel cielo e le garzette si contendono con i gabbiani il possesso del territorio. Poi la marea monta, la barena calza il mare come una confortevole coperta -vi si nasconde- io raccolgo i pensieri e scrivo. Un airone cenerino disegna una parentesi nel cielo e si riflette, falce d’acciaio, sulla laguna argentea come mica…



venerdì 29 aprile 2016

Proxima Centauri

[quando la vita fa di tutti i tuoi errori
un unico cartoccio, poi tira le somme
chiede anche gli arretrati e ti accorgi
che poetare non rima con compitare]

Datemi una moneta un soldo farlocco
un lingotto di belle speranze d’autore
una poltrona rivestita di pelle di luna
e una chimera di poesia immaginaria.

Poi una patente che m’abiliti alla fuga
-corrompendo la verità dei miei tratti-
e una meraviglia di bit che m’attenda
per il prossimo viaggio oltre le nuvole.

Una stella rossa riscalderà la fantasia
lascerò questo Aprile di gelo inacidito
un percorso breve, lo spazio d’un fiato
è una meta vicina ci andremo insieme.

[aprire quel cartoccio è scelta dolorosa
non è poesia la prosa che m’attanaglia
-non ho un rimario per poetare sorrisi-
ma un biglietto scaduto di sola andata]

Un soldo farlocco pagherà per due?

*immagine da web

lunedì 25 aprile 2016

Vento nero e petrolio

Nero come petrolio il vento che ci attraversa.

Atteso che il crine e il pelo innevano il volto
e non fanno risvegliare resipiscenze remote
che l’età non conforta ricordi inoppugnabili
l’uomo pare immemore del suo male antico.

Nero petrolio ai mari, vento d’odio ai monti.

Distribuita la sua infingardaggine con equità
ora si bea del vento nero che spazza le anime
tronfio del suo concionare cuori pusillanimi
si culla sull’amaca di xenofobie mai represse.

-e allora-

Coltivo la speranza quasi fosse l’ultima prole
come il minatore fo luce con tenue fiammella
scavo nelle coscienze cercandone un barlume
rosso come il fiore che riporterà la primavera.

Una utopia che resisterà a vento e petrolio.

-ora e sempre-


sabato 23 aprile 2016

Gore, carbone e nerofumo

Non ho mai guardato il cielo con ansietà
-ma l’ombra è legata al chiodo della vita-
Ho lasciato lenzuola sfatte, sogni a metà
e l’orgoglio da qualche parte nei calzoni.

Nella piazza la vedovella piange cristalli
-io come un fiotto di sangue sull'asfalto-
Vivo nonostante la corsa folle di stasera
tra nuvole di basalto e ombre nerofumo.

Aveva sedici anni o poco più la rondine
-quando lasciò il nido e fu il primo volo-
Scoprì l’amore tra il carbone in cantina
e le labbra dipinte dichiararono il gioco.

La luna non ha pietà nel riflesso, ancora
-l’ombra piano si scioglie resto in bilico-
Eppure amavo quella nebbia -stella mia-
e il tuo sorriso pallido nel sole cittadino.

Stasera l’acqua di mare è una gora scura
-alletta pensieri imbrattati di nerofumo-
Vorrei rallegrarti il cuore ma -stella mia-
la notte esplode tra le dita senza fiatare.

Portami via. 

*immagine da web

giovedì 21 aprile 2016

Noi e la vita -tressette col morto-

[e la vita ogni volta spariglia le carte
al tavolo del tressette vince il morto]

Noi.

Molecole imbottite di numeri binari
-bit, password ridicole e dimentiche-
corriamo i giorni su cavi rosi da topi
per tuffarci inseguendo un pifferaio.

Noi ricchi di nulla ma poveri di tutto
signori illusi di un tempo incanutito
-giochiamo le ore al tavolo dei sani-
alziamo la posta, perdiamo la mano.

[e la vita ogni volta è regina e cavallo
il tempo è fante in armi, il re è nero]

Noi due.

Le tasche piene di stagioni barattate
con bigonce d’orgoglio e di speranze
-che il tempo ha reso pessimo aceto-
abbiam suturato le ferite col sorriso.

Ancora rincorriamo antichi aquiloni
-sogni alati, carta velina e shanghai-
nel cielo color bitume falci d’acciaio
riflettono voli di gabbiani in amore.

[e la vita è sempre mazzo e mazziere     
in questa partita il fante fa il morto]

Noi e la vita. Non è gioco da ragazzi.

*elaborazione di foto da web