crepuscolare intesa tra versi e immagini.

crepuscolare intesa tra versi e immagini.

martedì 19 dicembre 2017

Stella strabica, luna acquiescente

Stanotte sonno agitato -insonnia incombente-
anche il cuscino piagato ormai non regge più
sì, se potesse soffocarmi, lo farebbe volentieri.

[Apro stancamente il libro dell’inquietudine
mille e più pagine lise, divorate dalla collera.]

Ho un amore che mi attende dietro lo scuro,
qui, accanto all’edera stranita di questa notte,
là dove i pensieri ammaestrano sogni indocili.

[Mi alzo, ormai ho collezionato tutte le spine
che il materasso sa da tempo offrirmi gratis.]

Una luna cadaverica ghiaccia il grigio plumbeo.
Cielo di Dicembre -d’avvento- gonfio di pioggia
lacrime di nivee promesse e di sogni disattesi…

[Una luce -sogno accanto a te Luna- mi sorride
Una stella? Farei un falò delle mie incertezze!]

Luce traversa -lama che taglia in due la stanza-
che n’è delle mie ansie, dei miei timori ululati
se tu complice di notti insonni non m’illumini?

[L’edera -rischiarata dall’inattesa luce- gongola
e domani abortirà fiori deformi, ma sorridenti.]

Luna acquiescente zittisce.

Ma la stella ulula versi. Strabici.


mercoledì 13 dicembre 2017

Dio, perché?

L’età della ragione che mai arriva -Dio perché? -

Eppure ancora stupisce l’uomo dinanzi al creato
epperò ingozzarsi poi di arrogante ingratitudine
è l’inevitabile tangente da pagare all’ego usuraio.
E non bastano lacrime ipocrite a lavare l’ardesia
del cielo e spegnere le fiamme dell’odio razzista.

E l’ora della pietà che mai s’avvera -Dio perché? -

Domanda inutile -ormai dovresti sapere l’uomo-
non foss’altro perché anche tu lo sei. Non credi?
Uomini pasciuti e paludati da utopie e religioni
distribuiscono oneri e onori da turiboli fumanti
incensi mefitici spacciati per placebo universali.

È il tempo delle risposte da sputare come rospi
ché ognuno invero conosce -ma evita vigliacco-

Così l’ultima preghiera.

*foto dal web

martedì 5 dicembre 2017

Se all'alba insonne avvizziscono i fioretti

Con l’anima -falena/étoile immalinconita-
che rincorre la luce danzando ore insonni,
mentre il cuore rifugge dai ricordi dolenti,
picchietto sui vetri un’emozione irrequieta.

[falsa trapunta azzurra il cielo che albeggia
tinge di rosa il grigio cadaverico della calle]

Vorrei avere la passione arrochita dell’urlo
del solito gabbiano innamorato ma arrocco
-quasi fossi il re in una ipotetica scacchiera-
che la partita della vita costringe all’angolo.

[affogo nell’effimero rosa che ora avvizzisce
tutti i buoni propositi che fioriscono all’alba]

Allora mi manca la tua mano, il tuo respiro
-quel tuo minimizzare/esorcizzare il dolore-
con il tuo sorriso e la certezza che la partita
non è finita ancora è tutta da giocare io e te.

Il cielo rabbuia il rosa scolora ma sorriderò.

Promesso.


mercoledì 29 novembre 2017

Alla fine dell’arcobaleno non c’è niente

Ho cercato -alla fine dei colori non c’era niente-
l’arcobaleno era morto. O forse non è mai nato.
Ma poi, dov’è la fine, e dov’è l’inizio? -sognami-
Altro che tesoro, non c’era nemmeno la pentola.
Orfano di colori senza azzurro e pagliuzze d’oro
mi sono perso come un Pollicino senza briciole.

“at the end of the rainbow
you’ll find a pot of gold…”

Ho trovato -alla fine del canto tanta solitudine-
la tavolozza spenta di un cielo mai accarezzato.
Non so quando dove è iniziata la fine -perdimi-
hanno messo all’asta i colori non faccio offerte.
Ho rotto la pentola, mi comprerò un altro cielo
ho nascosto un po’ d’azzurro sotto il materasso.

“at the end of the story
you’ll find it’s all been told…”

…ma alla fine dell’arcobaleno non c’è niente.

-svegliami-

sabato 18 novembre 2017

Vienimi a prendere (piove all'imbrunire)

Milano è ora-vienimi a prendere-
ché stasera il nodo che ho in gola
soffoca come la nebbia incattivita
che dal Naviglio sale a Novembre.

Qui il mare ha inzuppato il cuore
e la laguna ha asciugato il sorriso
come passionevole zimarra copre
le cicatrici di un’anima irrequieta.

[i panini sul sagrato -la nostalgia-
 e luci etere nebbiose di periferia]

Milano è ora -vienimi a prendere-
ché stasera il ricordo m’inchioda
a queste parole, a questa pagina
a versi irriconoscenti ma sinceri.

Qui ho aggrappato anni sulle ali
di gabbiani -traghetti del futuro-
e ho consumato respiri affannati
rincorrendo chimere attempate.

[quelle domeniche sulla Darsena
l’inganno ai pesci e anni riottosi]

Milano mia -vienimi a prendere-
ché stasera l’imbrunire è l’ulcera
di un’anima zingara e visionaria
il desiderio immalinconito di te.

-che vuoi dirai tuo è stato il volo-

Lo so, ma piove.

*immagine da web -trattata-

lunedì 13 novembre 2017

Il morso della vipera

[io che penso al mio cuore esacerbato dal mondo
tu che ti rassegni al tramonto che ottenebra l’età]

L’urlo fastidioso e penetrante dell’autombulanza
-la calle ammutolita in un grigio silenzio sospeso-
è il saluto alla nostra ormai indisponente albagia?
Il mondo non finisce e non inizia da noi -scontato-

[io che ripenso alla strana lucertola con due code
tu che ricordi scarpette di vernice per la cresima]

Vorremmo un fortino impenetrabile alle emozioni
-io e te al poggiolo di una calle festosa e incasinata-
in una giornata preludio di anni alieni di tramonti
ma l’autombulanza strazia, uccide il sogno-ancora-

[io che estranio il mio cuore dai delitti del mondo
tu che insulti questo crepuscolo che sputtana l’età]

Dio, come mordono gli anni!!

domenica 12 novembre 2017

Il reggiseno rosso

Sul greto accecante di sassolini bianchi
il reggiseno era un insulto rosso al cielo.

Poco più in là il racconto moriva nei gorghi
di un Ticino pigro -falsamente acquiescente-
Famelici sorrisi dai riflessi azzurri, argentei
aspettavano i tuoi biondi capelli incoscienti.

Sul greto accecante di sassolini bianchi
un libro aperto reclamava poesie e versi.

Poco più in là alienavo pelle e respiro al sole
quando la voce mi sorprese -il tuffo al cuore-
Con gli occhi fessure incattivite dal chiarore
lessi la fine sulla pagina che s’accartocciava.

Sul greto accecante di sassolini bianchi
finiva il racconto di un giovane amore.

E il reggiseno era un insulto rosso al cielo.


sabato 11 novembre 2017

Ma tu

Cercami -tra l’aurora e l’alba mi sono perso-
là in quello spazio di tempo angusto e sottile.

Sapevo la strada conoscevo le erme guardiane
-questi anni innevati hanno cementato i passi-
e Caronte non si spende per tragitti così brevi.

Cercami -anche se la laguna mostra i denti-
ma la nebbia è coltre che spariglia gli errori.

Sarò lì e il tempo tra le dita avrà tela e colori
-ricordalo stanotte quando il ventre bugiardo-
busserà allo sterno e il cuore sussulterà ansia.

Cercami -non perderti tra i bisticci dubbiosi-
dovresti sapere quanto profondo è l’amore.

Non mi sciuperò più nella conta inutile, sterile
-e gli anni non sono tacche incise sul marmo-
mi sembra ieri, stringimi che il cuore sussulta.

Ma tu cercami.


Autoritratto

-35 x 45 acrilico su cartoncino-

martedì 31 ottobre 2017

Cuore a colori, odio e amore?

Cuore a colori, illusione vespertina?
È come rovistare ansiosamente nelle tasche disattente
di un vecchio, frusto paio di pantaloni smessi da tempo
sperando di trovare l’oro come alla fine dell’arcobaleno.

Cuore a colori, ritratto di un amore?
È come rovistare nella polvere degli stipetti dell’anima
tra orologi sempre in ritardo, anelli di catenine attonite
e tavolozze ingorde -colori violentati al limite della vita-

Cuore a colori, ex-voto all’eterno?
È come rovistare nella cassetta custode delle elemosine
alla vana ricerca di un’assoluzione che spenga l’incendio
che i ricordi appiccano ogniqualvolta vengono sollecitati.

Odio e amore, parole sputate sulla tela?
È come dipingere versi senza colori -emozioni spuntate-
nella confusione di intenti e voglie inespresse -tentativi-
e tu che mi guardi precipitare nelle gore dell’indecisione.

Odio e amore, cuore a colori?

Bastarda esitazione.

*foto dal web

giovedì 19 ottobre 2017

Ricordi?

Ricordi?

No, non farmi questa domanda,
è uno sterile mantra che odio.
Soffoca la mente nell‘ovatta dei sensi,
nel muro di gomma di cerei visi,
costringe inutili sforzi nella ricerca
di piccoli, volatili, irrilevanti particolari.

E già un’ala traversa di gabbiano
sequestra la mia attenzione -distratto-

No, non raccontarmi ancora bugie
i ricordi non leniscono tutti gli errori,
ma celano le virgole che incidono
le pagine d’amore scritte negli anni
-d’altronde  la polvere non affoga tutto?-
Annuisco mentre la mente annaspa.

E già un volo spaventato d’alzavole
seppellisce la mia attenzione -smemorato-

Era ieri. Eppure pare un tempo lontano
dicono sia prerogativa della vecchiaia.
Poco importa, voglio ricordare -ricordarti-
non ho messo ipoteche sul futuro
d’altronde vivo e viviamo il momento
a che pro straziare il tempo che rimane.

E già un minuetto d’aironi cinerini
ammutolisce d’applausi la laguna -rapito-

Sì. Ti amo.

*in occasione del 49° anniversario









mercoledì 11 ottobre 2017

Quando parlai alla luna tutti mi presero per pazzo

Portami via.
Portami via quando sarà lieve il mio peso sul tuo cuore
non graverò e sarà facile accompagnare il mio tragitto.

Sarà il mare.
Sarà il mare che accoglierà i miei pensieri, i miei perché
tutte le irresolutezze lasciate in pegno al tempo esattore.

Lo sa la luna.
Lo sa anche la luna e stupiva stanotte -mentre incidevo-
queste poche parole picchiandole furiosamente sui tasti.

Ad alta voce.
Lascio questi versi a chi saprà leggerli al respiro del mare
a chi reciterà e ammaestrerà le onde attonite con la voce.

Pochi versi.
Pochi versi che nasconderò al tuo sguardo mentre la luna
sorride come si fa a un bimbo colto con le mani nel sacco.

In questa notte di poche stelle e tanta luna
ti vorrei mia per poche ore su questa cuna
mentre mi stringi e mi soffoca la tenerezza
lascerò che il respiro rimanga dolce brezza.


Ma il cuscino sarà vuoto e la luna racconterà che ero pazzo.


sabato 7 ottobre 2017

Dove sei mia poesia?

Vorrei avere gambe e fiato per andare oltre
per attraversare i tratturi e scalare il monte
-là dove sei fuggita-
ma l’orgoglio e timide intenzioni si alleano
mi bloccano e lasciano appeso tra i se e i ma.

Dita disubbidienti, assassine rifiutano i tasti
cerco rifugio nelle tele e tra i colori confondo
-stupida illusione-
Parole e versi dimenticati lamentano invano
reclamano la tua presenza, senza l’oltre tace.

Vorrei rincontrarti qui, tra il bianco e il nero
Musa della mia tastiera delle tele tormentate
-ancora la mano trema-
segni e colori provvisori cercano una quiete
difficile chetare un’anima bucata dalla spina.

Ho ancora cuore versi, colori e sorrisi, ma tu

-dove sei mia poesia? -


Scarabocchi you tube

venerdì 15 settembre 2017

Fammi spazio

lo spazio del marciapiede sotto casa
era lo scendiletto delle rotaie del tram
i pattini appesi nel buio dello stanzino
erano le propaggini delle mie gambe

quello spazio dove il cielo era più cielo
-dove mi “scapicollavo” col carrellotto-
mia madre diceva che era il mio tempo
ma l’ho venduto ai calzoni lunghi, dopo

Ma poi che vale rimestare tra ricordi scontati?
Ognuno ha una bisaccia attaccata alle natiche.
Vorrei non avere cirri e nembi grigioneri corvi
uccellacci untori sulla spalliera dei miei sogni.

Credimi ho sepolto illusioni sulla riva -era ieri-
ti aspetto tutte le notti sul carrellotto di legno,
me ne frego dei sogni tanto al mattino rinasco.
(mentre beviamo il caffè rido inopinatamente)

Fammi spazio stanotte.


lunedì 11 settembre 2017

Inchiostro e graffi

-in un altro tempo-

L’incoscienza l’improba fantasia
era quella tana -rifugio tra i rovi-
sulle sponde di un fiume malato
un ingenuo igloo fiorito di more.

Il gioco, pretesto infantile, taceva
la voglia che urgeva sotto la cinta
mentre il rossore accompagnava
mani curiose -frenetiche operaie-

-altrove nel tempo-

Rientrare tardi, mancare la notte.
Quanti di me sono rimasti laggiù
le mani graffiate dai rovi, le more
labbra inchiostrate, occhi roventi?

Tu eri nel divenire del tempo, sai?
Forse già allora i rossori tingevano
i sogni, le attese, il futuro incontro
-il gioco l’esplosione erano ansimi-

-giocato il tempo-

Lame di luce attraversano gli scuri
-conosco la tenerezza figlia matura-
mi sorprendono ancora abili mani
l’igloo scordato dei rovi non graffia.

Questa è sera da non cogliere more
con le labbra inchiostrate di sorrisi
mi perdo sognando attimi di poesia
specchio nei tuoi occhi i miei occhi.

-qui[ora]è tempo-


lunedì 4 settembre 2017

Angeli disegnati sul selciato (è tempo di migrare)

È tempo di migrare
e' tempo di andare migrante precario
hai bruciato claustrofobiche parole
scritte su lenzuola azzurre di falso cielo
in attesa di un diverso camminare.

È tempo di migrare
inquieta rondine dalle ali piene di illusioni
comprate al suk del Giovedì a poco prezzo
e lo specchio riflette il vecchio viandante
aggrappato alla favola eterna di Peter Pan.

È tempo di migrare
lo struscio oramai ha raccontato tutto
le beghine hanno acceso i loro ceri
le campane hanno chiamato il vespero
e sto spellando di nuovo gli ultimi minuti.

È tempo di migrare
ho gli occhi stanchi di laguna verdemare
sì, hanno voglia di spazi innevati e felci
lenzuola grigie di selciato su cui disegnare
nuovi angeli dalle ali colorate di sorrisi.

È tempo di migrare, vieni.

*immagine da web elaborata

lunedì 28 agosto 2017

Non puoi uccidere la nostalgia

Si può far finta di niente
davanti al ladrocinio di anni
all’idiozia, agli errori,  
all’albagia e l’imberbe boria,
allo scempio del dolore
che sta divorando il tuo tempo?

(puoi cantare in falsetto la vita
ma è squallida esibizione da guitti)

Si può far finta di niente
davanti alla migrazione di anime
alla cancellazione di storie
all’assassinio dell’umana pietà
alla mistificazione della paura
all’oblio coatto delle radici?

(puoi cantare la canzone bugiarda
della primavera di nuove chance)

Così t’aspetto ogni sera amica mia
il petto gonfio di emozioni
da incasellare, stipare nell’anima
affianco a ricordi svogliati,
timidi coprotagonisti della pièce.
Se solo riuscissi a non piangere.

Nostalgia, inevitabile compagna.

*immagine da web

sabato 26 agosto 2017

In attesa del temporale io e te, senza ombrello

Cerchiamo ansiosi, con occhi ormai rassegnati
una lama-parvenza di luce sincera e cristallina-
ma il volo alto, traverse involuzioni di gabbiani
spengono sul nascere desideri e ogni speranza.

Gioco crudele questo, quello di cercar conferme
ad un cielo ormai aduso a mentir ogni richiesta
e sappiamo entrambi che le fulminee nubi nere
gonfie di parole glaciali e versi cinerei bussano.

Senza ombrello, che fa?

(aquilone ancorato all’anima bimbo-paracadute
vestito dei colori di anni e di sogni attraversati!)

Non saranno le ultime gocce, gli ultimi spasimi
-di un cielo rannuvolato da improperi degli Dei -
dalla impazienza di Crono e della Nera Signora
che potranno mai confondere e spaurire i cuori.

No, quei gabbiani lassù volano alto e chiamano
-se il temporale è vicino passerà anche stavolta-
lascerà cicatrici sul calendario della vita, ma noi
abbiamo rubato i gessetti e alienato l’ombrello.

Ora aspettiamo e disegniamo cuori. 

* immagine da web

domenica 20 agosto 2017

Autarchia di un amore

Bastasse essere sempre se stessi
per amarsi a sufficienza -io e te-
e non dover appendere l’amore
alle labbra dell’amante lunatica.

E quel bastardo sospiro di Crono
non vestisse la tonaca del saggio
mentendo spudoratamente l’ora
allora sarebbe fantastica allegria.

-ma io e te-

Guarda laggiù l’onda muore sola
-non v’è spuma che la rimpianga-
e lo scoglio indifferente l’accoglie
se il mare non versa una lacrima.

Stanotte ti racconterò dell’amore
che ci sommergerà come marea,
forse la luna -amante prezzolata-
ci concederà lo sberleffo a Crono.

Basterà.

*foto da web elaborata

domenica 13 agosto 2017

Non sono Ugolino

Prima che la mia anima scordi la fantasia
e che il cuore perda lo scandire dell’amore
voglio sgranocchiare ancora parole e versi
e sfamare l’appetito immanente di poesia.

Voglio dimenticare su un naviglio di carta
-varato ai piedi di una laguna indifferente-
le mille e più lacrime raccolte in un pugno
pagine allibite di ricordi e utopie disattese.

[occhi distratti seguono l’alzavola in volo
mentre i gabbiani reclamano il loro cielo]

Prima che Sant'Andrea chiami al vespero
il ghiaccio che ancora m’ottunde scioglierà
e il rivolo di versi liberi dei lacci Luciferini
ricomporrà poesia in una danza sabbatica.

Voglio ricordare ogni motto, ogni parentesi
lo tsunami d’emozioni sommergerà il cuore
così dita rattrappite rivivranno al richiamo
dell’alzavola che coraggiosa sfida l’azzardo.

[la fame rinchiusa nel gelo azzanna la gola
ora che libera pretende poesie da divorare]

Non ho versi per te in pasto famelica ombra
non voglio spaccare il cuore ora che sorride
non ho dizionari appesi al mio cielo di carta 
non ho più lacrime per navigare l’orizzonte. 

E non sono Ugolino.

*foto da web elaborata

sabato 29 luglio 2017

Se poi l’età…

Se l’età mi desse prerogative uniche
finalmente conterei fuor di retorica
come guardavo l’ansare dei fianchi
quando il passo era cenno d’amore.

Ragazza mia dai bianchi piccoli seni
rosse melagrane -voglie volte al cielo-
ti racconto qui ora che non c’è spazio
per le piccole tenere bugie dei tuoi no.

Perdonami licenze che mai ho scritto
ma vivere il tuo respiro dopo l’amore
-contrattempo di nero jazz sincopato-
è come una marea che tutto pretende.

Denudati d’ogni fingimento o ritrosia
dell’abito stinto della ipocrita decenza
del comodo confondere sesso e amore
ti direi che ogni orgasmo era un crack.

Ragazza mia della vita vissuta insieme
quando si rideva delle inutili vergogne
e l’onda del mare sottolineava il ritmo
tra un su e giù e la riva spiava invidia.

Se l’età mi desse doti e virtù magiche
mentirei bluffando anche gli affanni
così nonostante l’incedere degli anni
befferei la morte con il nostro passo

Se poi…

*foto da web

giovedì 27 luglio 2017

E poi…è

e poi
e poi ritrovarsi sulla riva
-quando l’acqua si cheta-
e all'imbrunire fa gibigiana
e poi giocare a rimbalzello
e litigare ridendo sulla conta
e così m’appare oggi il mare

…è
è un’alea l’azzardo col cuore
è un desiderio bambino
è un rifugiarsi nel tuo sogno
è negare l’anima e il tempo
è dipingere i nostri pensieri
è bianco asettico delle corsie

e poi…è amare la vita

-semplice, no?-

L’ultimo amore è silenzio che non scordi più

Di terra o di mare l’eco non sortisce
quando il cielo è capovolto alla fine.
L’acqua ad ogni acuto della corriera
s’increspa gemella dei miei pensieri.

E in questi sospiri, nel vuoto di voci
-prima che il disincanto ci inghiotta-
vorrei sapere se anche ora il sorriso
colora piccole rughe sulle tue labbra.

-il gabbiano ostinato insegue un go
spuma e confusione a pelo d’acqua-

Estemporanea sospesa nella mente
l’asma della corriera uccide i suoni
riflessi sghembi di un sole indeciso
sul livido tavolaccio di laguna bigia.

Dimmi che ancora hai quel coraggio
che m’hai regalato standoti accanto
poi di nuovo -il mio respiro è il tuo-
l’alba vedrà la serenità sul mio viso.

-il gabbiano ostinato inghiotte il go
strida roche rimbalzano sull'acqua-

Di terra o di mare l’eco non sortisce
quando il cielo è orbo dei tuoi occhi
nulla ha importanza ormai nel buio
l’ultimo amore è sospiro nei ricordi.

È in questi sospiri, nel vuoto di voci
-prima che il disincanto ci inghiotta-
che vorrei sapere se allora il sorriso
stempera piccoli dolori sulle labbra.

E ti racconto della fine senza timori
quando l’ultimo amore -amore mio-
sarà il silenzio di polvere o d’acqua
e di terra o di mare l’eco non udrai.

E non lo scorderai…più.

*Marc Chagall "Over the town"

sabato 1 luglio 2017

Così cheta che pareva

[quel tuo gesto con la mano
quel tuo domandarmi vicino
quel tuo esigere le mie mani
quel tuo sussurrare il nome]

Così cheta che pareva riposassi.
M’ero illuso della consuetudine
ma il lucore dei tuoi occhi velati
ha in un amen offuscato la luce
e riacceso le mie paure, le ansie.
Così cheta che pareva sognassi.

[e al mio fianco per un attimo
un attimo lungo quanto la vita
è passato in flash back il tempo
dei ricordi che spezzano il fiato]

In un gelido spazio della mente
le immagini si sono pietrificate.
La rugiada non disdegnava l’età
-ma le ciglia rifiutarono l’ordine-
mentre il tuo respiro era nel mio
la paura piano vestiva di sollievo.

Così cheta che pareva.

giovedì 29 giugno 2017

Non dare retta a quelle voci

Certo ti diranno convenevoli circostanze
-tu saprai invocare col mio nome il vuoto-
cercami col sorriso nelle ore in gramaglie
perché le lacrime scolorano poesie e tele.

Puoi credermi -ora che tutto m’è chiaro-
quando la congiunzione astrale disegna
precise geometrie d’amore code di stelle
adornano lo sguardo benigno della luna.

Scrivimi, scrivimi delle tue parole orfane
dei fianchi insonni in attesa delle carezze
del seno che fu madre/amante degli anni
e dei tuoi occhi orbi dei miei -raccontami-

Certo ti diranno che l’indirizzo è precario
che un cero lo scaccino non spegnerebbe
che una devozione l’altare accoglierebbe
che i santi in paradiso li ha chi ha sorriso.

Ma tu non fermarti al primo sussurro.

Scrivi.

*photo by Pedro Diaz Molins

mercoledì 28 giugno 2017

Un male cane

Certe notti il respiro addormentato
fa un male cane e il sogno m’irride.
Cerco tra il ricordo e il dormiveglia
il fuoco di anni incendiati all’ombra.

-di sussurri labbra contro labbra
-di mani avvinghiate all’urlo al cielo
-di ombre cinesi appagate tra il lino
-di fiati spezzati ricuciti nello spasmo

È un sogno? Eppure l’edera sospira.

Così gli scuri di fronte -chiusi da anni-
paiono pallide vedovelle inconsolabili
murate con le loro lacrime nel cemento
la sensazione claustrofobica m’avvince.

Se non fosse che il crepuscolo è annegato
in un riflesso sangue che ferisce gli occhi
penserei a una giovane brezza birichina
tanto che il sogno pare vivere nonostante.

Nel silenzio gli amori si negano alla calle
la gatta e il gabbiano ballano ebbri di luna.
Irreale coppia allo sguardo marinaio, ché
il primo vino sa di strambate e poco pesce.

Sorrido, forse non sto sognando.

Forse, ma fa un male cane.


sabato 24 giugno 2017

Ideologie e utopie prêt-à-porter

Prima che la pigrizia mi fagociti come d’abitudine
fate che io sprimacci questi versi -morbide piume-
e mi attrezzi a seguire un volo planare senza radar.

Una civetta smaniosa di compagnia affetta la voce
ticchetta sul pavé una danza propiziatoria alla luna
è scena surreale ma il vecchio al tavolino annuisce.

Un’accozzaglia di note sudate dondola pigramente
sul pentagramma di un piano indolente e scordato
voci/echi lontane di un afoso, sconcio adescamento.

I tetti da quassù hanno lo stesso grigio delle lapidi
non uno squarcio di colore, che so, di allegri coppi
l’allegria di Peter Pan -illuso Icaro- è merce salata.

Il vecchio dimentica il vino cattivo sorride al canto
segue il ticchettio che sparisce là sotto il lampione
certo che domani la brezza accoglierà il suo respiro.

Graffio con le unghie il ricordo di certezze sfiorite
sono coriandoli di parole e pagine di libero arbitrio
ali d’un aliante -appeso alla coda cullo la mia cuna-

Prima che io mi acchioccioli nel mio bozzolo/madre
fate che il mondo non ferisca lo sguardo oltremodo
poi lasciatemi l’illusione del divenire di ogni utopia.

Taglia XXL per favore.

giovedì 22 giugno 2017

Canterei questa notte

[Seduto tra le felci, recitare versi allo gnomo
custode del fungo dal cappello rosso a pois.
Nascondere nel risvolto dei jeans fiori di loto,
penne timoniere di gabbiani sbadati, reginette
scolorite dal sale, un paguro triste e sognare
di avere ali a sufficienza per tornare a casa.]

-se solo sapessi come-

Vedi -cuore mio- non ho versi marinari -oggi-
per incantarti le labbra, ma pensieri terragni.
E’ una crociera gratis nella fantasia questa
ho burlato lo gnomo piccolo Caronte precario.

Seduto sulla rena asciugo al sole di questa estate
vendicativa i sogni intrisi della rugiada silvana
e consolo il cuore raccontandomi di incontri
con balene albine, Moby Dick e Capitani Achab.

-se solo sapessi cantare-

Troppo cuore giullare mal s'addice a un vecchio
-viandante portoghese- come me che attraversa
gli anni sulle ali della fantasia pur di non pagare
il prezzo del biglietto sull'accelerato della vita.

La meridiana degli anni racconta di ombre testarde
sempre più lunghe, riottose a qualsiasi mediazione
se non fosse che il cuscino stanotte non m’ha patito
lo gnomo mi è apparso tra le piccole foglie d‘edera..!

-se mi ridate il sogno, ci provo-

giovedì 15 giugno 2017

Eredità

T’ho lasciato uno sbaffo d’azzurro
un foglio bianco -una matita di legno sincero-
quattro righe sul bordo -una virgola, un pensiero-
una gomma morbida come il burro.

Scrivimi con i pensieri appesi al cielo
chiudi gli occhi, sono lì -tra due parentesi infinite-
colora d’azzurro la mia ombra -è tua, usa le mie matite-
troverai la mia impronta sul tuo telo.

T’ho lasciato un mazzo di parole sull'uscio
legale al cuore con la marea che ti porterà la luna
stasera fanne un falò per una -sarabanda sulla rena-
non scordare l’azzurro -tra il fuoco e il guscio-

Scrivimi adesso -che ancora non volo-
senza ali sono ancorato l’amore che non muore
non buttare via quel foglio intriso di lacrime e dolore
ho l’azzurro -in questi versi e ti consolo-

T’ho lasciato un -aquilone di carta velina-
la coda di anelli azzurri intrecciati a mo’ di catena
tienilo stretto tra le dita quel filo che t’allevia la pena
ti porterà da me -ci ameremo stamattina-

Non servirà notaio.

mercoledì 14 giugno 2017

Se non avesse senso la vita me la giocherei

Se non avesse senso la vita accanto alla tua donna,
non avresti notti insonni, letti sfatti, tazze del caffè
bruciate -occhi pesti al mattino guardando il cielo-

È il precetto che la vita ha scolpito nella tua anima
graffiando il cuore ogniqualvolta il battito latitava
-non ho smesso d’averti accanto, mio metronomo-

Scandisci ancora il ritmo della mia vita.

Se non fosse che ormai scambio gabbiani per virgole
e il nero dei tasti racconti di algide lune orbe di stelle
a letto inseguo anni bambini col retino per le farfalle.

È la stagione della vita che porta con sé colori pacati
tenerezza agli angoli degli occhi che scolorano realtà
e poche bracciate di mare che separano all’attracco.

Ti voglio così come la marea t’ha segnato.

Se non sapessi che vita è stata scritta nel libro mastro
chissà dipingerei un’età di girotondi e voli d’aquiloni
e il nostro inventarsi sul cuscino scioglierebbe il buio.

È prendersi per mano sorridendo dei passi malfidenti
-guardie giurate di anni insicuri ingabbiati nel torace-
rughe di giocatori professionisti alla roulette della vita.

Se non avesse senso la vita me la giocherei. 

Il mio resto sul rosso, s'il vous plait


giovedì 1 giugno 2017

Fado (di coraggio, sorrisi e nostalgiche note)

(tre bianche monachelle in processione)

Ahimè anime insofferenti lungo il Corso
che fugaci rimandate bianchi ectoplasmi
e riflettete indecenti ombre nel bicchiere
vi tuffate senza ritegno nel rosso cinabro.

(lo struscio aliena, non fa distinzioni)

Due occhi di basalto si riflettono nei miei
su una carrozzella -da iniqua pena legata-
un’anima bambina mi osserva incuriosita
sorride serena al duro inciampo della vita.

La bandana arcobaleno che cinge la fronte
è urlo di fantasia mai arresa al nero dolore
è pretesa di prati tinti d’azzurro fiordaliso
è inno alla vita nonostante il mondo cieco.

(ora sì, ora è musica lontana)

Cos’è questa musica queste note -nostalgia-
come ballerina triste di una Lisboa Antigua
vita zingara -“cigana” dai troppi sì concessi-
fascinosa etera, col sorriso pretendi il saldo.

Chiedi pure a me che ho ballato queste note
ingannando ombre e ciottoli lungo la strada
-che ho affogato nella laguna sogni e alianti-
e che tuttora sorrido del mio cuore bambino.

(è nostalgico Fado?)

Chissenefrega, nacchere!

Ole'!


domenica 21 maggio 2017

Tuona

L’ultimo tuono ha rintoccato quasi fosse vespero
e il frullo subitaneo della fuga atterrita di nere ali
scrive rondini in cerca di riparo al limite del cielo.

Mentre ancora tacito il soprassalto all’inchiostro
parole come gocce rosso sangue colano dai versi
-scrivo in apnea aspettando la lama del fulmine-

Ancora non si arrende al sole questa primavera
-ho la testa incollata con la pece alla malinconia-
è vento che viene dal mare che spettina l’anima.

Tuona ed è l’ultimo rantolo della notte deflorata
guardo l’edera tremebonda sul poggiolo -sorrido-
chetati pianta pusillanime che è solo pantomima.

Chiudo gli scuri sul tuo profilo che appare laggiù.

Piove, mi giro sul cuscino e il cuore tuona.


A bout de souffle

Nel vuoto pneumatico dei miei pensieri cerco
Non ho luci in tasca né indovini al guinzaglio
Toglietemi dal polmone d’acciaio delle utopie
Ho una voglia di respirare aria vera -sincera-

Quanto costa l’ossigeno del tuo amore, cuore?
Una nuvola bianca di occhi -sorrisi oltremare-
Bastano a raccontare mondi irreali -mentono-
Torno a contare i passi che mi separano da te

Ma nel girotondo di nuvole e anemico sereno
Il gabbiano trova il modo di straziare il grido
E se lo scoglio immobile attende l’abbraccio
Perché mai dovrei temere per la tua assenza?

Non ho paura del vuoto ma l’assenza d’amore
Che senso hanno stasera queste parole legate
Una gabbia di lacci emostatici e aghi d’acciaio
Lascia filtrare voci, emozioni -ritengo il fiato-

L’urlo tace -il cielo è attonita ardesia appesa-
Ancora un attimo di stupore e poi sarà apnea
Dell’incoscienza del coraggio senile ti parlerò
C’è uno spiraglio il cuore quietamente respira

Te