-in un altro tempo-
L’incoscienza l’improba fantasia
era quella tana -rifugio
tra i rovi-
sulle sponde di un fiume
malato
un ingenuo igloo fiorito
di more.
Il gioco, pretesto infantile,
taceva
la voglia che urgeva sotto
la cinta
mentre il rossore
accompagnava
mani curiose -frenetiche
operaie-
-altrove nel tempo-
Rientrare tardi, mancare
la notte.
Quanti di me sono rimasti
laggiù
le mani graffiate dai
rovi, le more
labbra inchiostrate, occhi
roventi?
Tu eri nel divenire del
tempo, sai?
Forse già allora i rossori
tingevano
i sogni, le attese, il
futuro incontro
-il gioco l’esplosione
erano ansimi-
-giocato il tempo-
Lame di luce attraversano
gli scuri
-conosco la tenerezza
figlia matura-
mi sorprendono ancora abili
mani
l’igloo scordato dei rovi
non graffia.
Questa è sera da non
cogliere more
con le labbra inchiostrate
di sorrisi
mi perdo sognando attimi
di poesia
specchio nei tuoi occhi i
miei occhi.
-qui[ora]è tempo-
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