crepuscolare intesa tra versi e immagini.

crepuscolare intesa tra versi e immagini.

sabato 29 novembre 2014

A pochi versi dalla meta

Ho provato sai -te l’avevo promesso-
ma il buio che sopraggiunse inatteso
rese orba l’anima, ghiacciato il cuore
svuotò la mente di lune, albe e stelle.

Finisce qui questo libro di pochi versi
sofferti e poche rime, spesso lacerate.

[Ora che nocche illividite son serrate
celando l’incipit della storia che sarà
saprò scordare i versi immalinconiti
quando scriverò col sorriso dell’età?]

Mille non più mille note d’uno spartito
-era un refrain tra noi una scommessa-
mille poesie per chiudere un lustro poi
millanta parole per scrivere una storia.

Come un maratoneta bolso, senza fiato
a pochi versi dalla meta mi son fermato.

In attesa che le nocche liberino l’incipit.

lunedì 24 novembre 2014

Se chiudo gli occhi la giostra riparte

[ho sputato anni e anni in otri di versi
risuolato l’anima estenuata da incipit
indossato quartine mille volte rigirate
rattoppato poesie senza pezze né refe]

Nascosto tra le righe, rovistando.

L’illusione aveva la misura di un sogno
-pareti sfuggenti su un piano inclinato-
le mani afferravano nuvole passeggere
e cavalcavo la giostra del tempo rapito.

Il fascinoso tornare ad inseguire Crono
-vorrei morderti la coda, lepre fasulla-
è irresistibile esca per me bolso levriere
che apre gli occhi ancora fermo al palo.

Chiudo gli occhi, si riparte.


domenica 23 novembre 2014

Odio e amianto -statuine di fango- il presepe affonda

È l’ultima pagina di un volo parolaio durato un lustro
ho comprato cinque candeline bianche a strisce rosse
che paiono insegne dei barbieri newyorchesi anni ’30.

Muore il sorriso, quasi zucchero a velo sul cioccolato,
nell'incontrar gli occhi di chi in questo lustro ha riarso
la pelle piagandola al sole e al sale marino sui barconi.

Mentre insegui il lampo di una umana comprensione,
le schegge di una paura atavica che straziano le ciglia
ricamano di sangue il bianco porcellana dello sguardo.

Dai il posto alla giovane di colore col piccolo nel fagotto
è un sussurro tra le perle quel “grazie” mal pronunciato
tra lo sguardo diffidente di chi strige a sé il seno rifatto.

“Buonista di merda” è il sibilo eufemismo che rimbalza
rigando di venefico colore i finestrini di questa tradotta,
affogando lo sconforto di chi coglie il ciglio del burrone.

È l’ultimo strato di un paese “tiramisu” zuppo di livore.


lunedì 17 novembre 2014

Nudi

Svèstiti d’autunno
-anima stranita-
l’ultima ruggine
crocchierà poco
sotto i nostri passi.

Svèstiti d’inverno
-imbolsito cuore-
la prima neve
sarà mielato oblio
degli anni andati.

Svèstiti di pazienza
-ansioso amore-
sedurremo stagioni
da deflorare così,
senza pudore.

Nudi. Alla meta.

venerdì 14 novembre 2014

Punto e a capo

Era tempo che io e te
-mio immaginario seppur reale e straziante interlocutore-
ci incontrassimo di nuovo su questa panchina usurata
mentre la darsena chiude gli occhi al riflesso del tramonto.

Il marmo è gelido, è vero
e mentre io mi acconcio rabbrividendo i pensieri rattrappiti
tu preferisci volteggiare lassù -parentesi interrogatoria-
nell'azzurro ingrigito di questo autunno, e ascolti partecipe.

È venuto il tempo che
-dismessi abiti di nomade inadeguato di versi e quartine-
metta un punto su questa pagina sfuggita al carcere elettronico
e che definisca quel che mi attende al prossimo angolo della vita.

[Ho bruciato teorie di topi impestati tra le pagine di Camus,
ho stipato sul ballatoio monatti evasi dalla prosa manzoniana
Prevert ora ha una cartolina di Chioggia attaccata alle costole
e ho un armadio di abiti da poeta fingitore come dice Pessoa.]

Più non ti vedo, amico mio
forse la parentesi lassù s’è aperta e la difficile equazione s’è sciolta.
È stato un volo lungo un lustro e all'approdo ho sognato quando,
smesse le ali sul marmo, con la paura della solitudine t’ho inventato.

Era tempo che tu sapessi
su questa panchina nel tempo è cresciuto un gabbiano di cartapesta
dal becco fragile, sporco di parole appiccicate alle ali maldestre
implume, ironico cria di un’italica nidiata di santi, poeti e navigatori.

Punto. A capo.

giovedì 13 novembre 2014

Una manciata di stelle tra le dita

Hai borseggiato la coperta stanotte!
(così sorridi quando rubo il tepore)

Sai, ho cercato arrancando nel sogno
il conforto che m’attendeva affianco
poi la paura ha spalancato gli occhi
e senza ali il vuoto m’ha risucchiato.

Sai, m’ero abituato a quel volo cieco 
orbo di stelle e la mano ch’era persa
-innamorando il tepore stralunato-
ha sorvolato maliziosa sul tuo seno.

Non temere, nulla spera oltre il buio!
(così conforti regalandomi le tue ali)

Ho una manciata di stelle tra le dita.

sabato 8 novembre 2014

Ultimi fuochi fatui

Questa uggia che si appiccica addosso
che sopisce le voglie e sfibra i pensieri
mi sorprende immaginario viandante
tra filari di cipressi scuri e imbronciati.

Le parole sono foglie d’autunno ribelli
-pencolano appese a svernare sui rami-
e la fatica dello scrivere m’è compagna
come rintocco di campana nottambula.

Il marmo nei cimiteri avvampa qua e là
del rosso vivo di qualche impudica rosa
-sconcertato il consesso dei crisantemi-
audace mise en scene dell’ultimo verso.

Novembre. Ultimi fuochi fatui. 

lunedì 3 novembre 2014

Poesia nascosta tra sabbia e sampietrini

Hanno riparato la riva.

La sabbia che medica le ferite
spicca come pangrattato sulla teglia,
ma il caffè è spirato gelido nella tazzina.

Hanno rubato il silenzio.

Il crocchiare delle molliche rivela
l’incedere circospetto delle macchine.
Il clacson petulante dell’allarme ottunde.

Hanno rubato metà della luna.

La gatta non strazia più il suo desiderio
il gabbiano ha trovato pace d’amore sul cassero
il tordo ha scordato la chioma d’edera del poggiolo.

Hanno deflorato il sogno.

Da tempo inseguo versi -appigli su rami di cipressi insonni-
messaggi in bottiglia sopravvissuti alle gore della pigrizia,
quartine d’amore/dolore arrossate sullo specchio al mattino
appunti stropicciati di calligrafia invecchiata dal disamore.

(era nascosta poesia)

È tempo che io plachi la mia irrequietezza slegando le parole
che premono sul cuore per descrivere la paura del disincanto,
la sabbia che bruciava nell'emozione degli occhi s’è abbrumata
la mano ora accarezza i tasti riscoprendo percorsi dimenticati.

(ho divelto i sampietrini)