crepuscolare intesa tra versi e immagini.

crepuscolare intesa tra versi e immagini.

martedì 31 dicembre 2013

Un anno in bilico su di un chicco rosso sangue

Un chicco di melagrana è rimasto sul desco.

Niobe e Persefone reclamano la maternità
dell’irresoluta sorte del mondo che si pasce
senza ritegno alcuno della fecondità terrena
nel mentre uccide i suoi figli ad uno ad uno,
sgranandoli negli Inferi come chicchi reietti
rossi grani di rosario per farisaiche penitenze.

Un chicco di melagrana riflesso nel cristallo.

Sollevo il calice di rito, non posso fare a meno
di notare e rendermi partecipe della angoscia
che opprime il piccolo seme, la sua incertezza
è frutto della dicotomia insita nella sua natura.
Vita e Morte. Rigoglioso anno a venire o arida
palla di roveto rotolante nel deserto dell’Ade?

Mistifico il gesto beneaugurante. Prosit.

giovedì 19 dicembre 2013

Nella calle l'eco del mio Natale

è per te che ancora rincorri
farfalle notturne e lucertole
che al mattino sculacci i sogni
per la paura dell’abbandono

è per te che ai tuoi calzoni corti
hai appeso la fionda consumata
che ancora provi nuovo stupore
nel rimirar la vita che è sanata

Questo canto parve sciogliersi nella calle
una eco -un prato su cui correre ancora-
un coro che solo la mia anima tetragona
ad ogni emozione, paurosa dell’universo
poteva percepire al pari di lieve angoscia
prima che i rintocchi placassero i sussulti.

Ma forse sono io che canto questa canzone
la mia dedica a quel che resta del bambino
che vorrebbe fosse fiaba ancora il racconto
da scrivere nel libro dalle pagine sfiancate,
ingiallite dal tempo come foglie d’autunno,
caduche sulla neve che incanutisce il sogno.

-questa voce mi somiglia e racconta-

L’aria profumava di legno e mandarino
le strade erano lucciole imbrillantinate
e gli zampognari musicanti nella neve
del soffice e ovattato battere del cuore.

Che resta di quel respiro di quella malia
ora che anche l’incenso è polvere sottile
che lo sguardo è prono sui propri passi
e le ombre riflettono orbe delle vetrine?

Resta solo la vergogna, la memoria obliata
profitto sulla pelle di cristi senza più croce
l’ignavia e la menzogna propinata ai cuori
sogni affogati e speranze da cinismo illuse.

è per te che ancora ti commuovi
al veder il cavalier di terracotta
sul cavallo con l’anima di ferro
zoppo di guerre perse nel gioco

è per te che vorrei questo Natale
fosse il profumo delle caldarroste
il sorriso di occhi volti al domani
e lucciole indaffarate nelle vetrine

-per me sorride nella calle questa eco-


venerdì 13 dicembre 2013

Al fuoco, al fuoco!

Così sia, sino all'ultima pagina.

Nel deserto della ragione si faccia questo falò
-vedremo ballare intorno alla pira le ombre-
disarticolate nel rito macabro dell’ignoranza.

Per tutti quelli che oggi la memoria alienano
per quelli che stravolgono le parole tra i denti
quelli per cui infine il libro è spina nel costato.

Non ho vissuto primavere bastanti a questo
-straziano al solo pensiero le fiamme di carta-
non ho neve a sufficienza per placare il cuore.

Si griderà “al fuoco, al fuoco” -dopo la cenere-


La sirena dagli occhi di giada

È quando il nulla ti soffoca in un abbraccio esagerato
che il buio ti pare tenera culla e ti adagi alla cantilena.
La sirena che martella nel tuo cuore ha occhi di giada
e la sua voce riconosce ogni anfratto della tua anima.

Potrei raccontarti come ho inseguito lucciole svampite
sospeso in un limbo di cera mentre il palco della notte
illuminato da una miriade di led multicolori sfumava,
all'orizzonte la vita parve riprendere il fiato imbolsito.

La sirena incanto del nulla ebbe voce di tenera amante
ma lo sguardo celava la notte dietro il lampo prezioso.
Sulle mani le lucciole ora disegnano le linee della vita
e non hanno occhi di giada, ma il sorriso della fortuna.

Il sorriso accecò la giada e il nulla non ebbe più voce.

mercoledì 11 dicembre 2013

Come Quando Fuori Piove

non erano belle carte
non era la mia mano
puntai il resto al banco
avevo un due di picche

“Lei è proprio un miracolato, sa?”
-dietro il sorriso il camice bianco-
Ero piccato, stentavo a crederlo
avevo puntato in quel successo.

Poi il lampo degli occhi acquosi
del vecchio mendico per strada
raccontarono ai miei la fortuna,
l’umiltà che era dovuta alla vita.

non erano belle carte
non era la mia mano
puntai il resto al banco
e vinsi con la scartina

Altre partite m’hanno atteso
altre per ignavia ho disatteso
ma ora so che se ti ho a fianco
il gioco ha più chance, vinco.

La fortuna è veleno giallo, ride
negli occhi acquosi di quel joker
“sei convinto d’esser un leone?
sappi, c’è chi t’ha regalato l’alea”

[non odiarmi vecchio, non c’è fumo per te
nelle tasche m’è rimasto solamente il filtro
e un sorriso -ti basterà- il resto l’ho giocato
ora ho quattro semi da regalare a chi crede]

-Come Quando Fuori Piove-







martedì 10 dicembre 2013

Piove nebbia come zucchero filato e trine di lino

La periferia di Milano si appiccica alla pelle
come sottile nebbia di dolce zucchero filato,
la darsena è porto sicuro per giovani rossori.

-il Naviglio, la gibigiana-

La laguna a Chioggia ti veste come un guanto
e intreccia di verdi alghe il trine del corsetto,
poi gioca a nascondino tra il sole e la nebbia.

-il mare, lo specchietto-

Non ho riparo ai ricordi, la vita è un luna park
nella casa degli specchi rincorro la mia ombra,
ragnatela intrecciata come uno scialle di lino.

-la nebbia, sul mio cuore-

Come vedi padre l’acqua ha disegnato il passo
nel gioco dei riflessi la tua immagine riaffiora,
nell'andare e venire delle onde io ti racconto.

-piove, amaro è lo zucchero filato e liso il trine-

mercoledì 4 dicembre 2013

La stola di lupo appesa al marmo

Hanno ucciso il lupo cattivo
le beghine sfilano in gramaglie
ora il vizio lo portano al collo
il pelo titilla l’utero distratto.

Il necrologio del bar all'angolo
recita accanto alle tazzine da caffè
il rosso pennarello insulta il lutto
e il corteo è diaspora tra le paste.

[l’assassino che si cela nel costato
dell’algido cuore restio al nuovo
è chiarore delle zanne nella notte
che alletta e violenta il femminino]

Hanno ucciso il lupo precario
coscienze ipocrite brindano il fiele
la stola blu sulla gru della fabbrica
è sirena muta agli occhi disperati.

La lapide al cimitero pare un erme
epitaffio la stola appesa al marmo
deflorato dal rosso fulvo del pelo
dileggia l’ironia viscida del potere.

-vieni, c’è una strada nel mare-

giovedì 28 novembre 2013

Scorticati versi -alla finestra-

Oggi questa bora che urla nella calle
scheggia il viso pare il vecchio rasoio
regala cicatrici nivee come ghiaccioli.

Questo respiro incattivito dell’oriente
feroce come una palla di desertici rovi
ti rincorre rotolando sull'acciottolato.

Resto ancorato al marmo delle parole
mentre il sibilo ferisce tra le imposte
bestemmio il gelo che avvilisce le dita.

Di là dal vetro la calle è livido grigiore
resti dell’ignoranza umana s’avvitano
intonando note sghembe di indecenza.

Scortica l’anima l’ultima nota.

sabato 23 novembre 2013

L'uomo del ghiaccio non passò più...

Perché non stupisco?

(perché quando vedo le immani tragedie dipinte
-quasi fossero repentine cattiverie dell’universo-
sorrido mesto: è un déjà-vu che viene riproposto)

Strano paese, il mio. Pare un vecchio calzino rattoppato
ironicamente steso nell'acqua ad asciugare -fradicio-
zuppo di lacrime dimentiche di eguali sventure passate.
Eppure solo mezzo secolo ci ha separato dagli anni di Creso
dove gli arcobaleni erano stelle comete e gli azzardi
portavano l’oro come Magi ma sotterravano veleni futuri.

Il rispetto violato dall'ingordigia lasciò tacitamente posto
all'omertà, e l’arroganza del denaro allo sfruttamento.
Anche la coscienza dell’osceno stupro che si perpetrava
fu affossata nel tempo dalla pigrizia illusoria del benessere.
La terra parve ingoiare senza alcuna lagnanza l’insulto
e ogni ingiuria venne celata nelle colate di calce e cemento.

…la memoria ghiacciò nel “frigo” comprato a rate.



venerdì 22 novembre 2013

Tra le braccia di Aracne

la poesia è una trappola di trine d’argento
cattura parole -prede ingenue ammaliate-
impania versi nella ragnatela e li appende
come bozzoli in attesa di dischiudere le ali

Stanotte finalmente ho liberato le parole
son volate qui accanto a te al tuo cuscino.
Spezzo fili d’argento -ingannevoli catene-
e disfo la tela con versi di tenerezza alati.

È inevitabile.

Quando vedo la dolcezza nel tuo sguardo
-benché la sera corroda i battiti del cuore-
Aracne m’inganna e scrivo diari bambini
preda impaniata nella trappola d’argento.

Tra le tue braccia.

lunedì 18 novembre 2013

Tavolozza d'autunno

Non conosco più il rossobruno
e il verdeoro dei platani antichi
ora il mare colora con batuffoli
d’acquamarina sparsi sulla rena.

I passi non crocchiano l’allegria
rivelano l’incedere disarmonico
e il canto delle foglie d’autunno
è perso lassù, è strida arrochite.

Che importa ora il vento t’invita
a un ballo, quasi fosse gran festa.
Lo stupore è il sorriso nelle note
di un valzer musette, metto le ali.

-t’irride l’autunno tinto di mare-

venerdì 15 novembre 2013

Una promessa ancora senza titolo

questa pioggia che infradicia le ossa
oggi mi tiene legato a una promessa
ti racconterò senza alcuna timidezza
l’amore che la neve chiama tenerezza

Una quartina per dirti che sì, scriverò.
Scriverò quel libro che tanto desideri.

-dimmi allora con parole semplici-

Come il mare ti abbia catturato,
come la falce della luna stanotte
mieta la mia anima senza dolore.
Capirò tra le tue braccia lo strazio
di quel grido arrochito tra le nubi:
è il vuoto che coglie e imprigiona,
lo colmerò scrivendo dell’amore.

-dimmelo ancora, è una promessa-

martedì 12 novembre 2013

Luna park

La sigaretta tra le labbra
-sale l’azzurro al soffitto-
riflessi dorati del malto
che muoiono nel cristallo
mentre la matita correva
tra le dita. -la mente va-

E giorni e notti al tavolino
-facevo l’amore con i colori-
focosi amanti di illusori voli.
E briglie sciolte alla fantasia
carpita al cuore refrattario.
-negavo al tempo l’onorario-

Accade ogni volta che il bianco m’assale
vorrei colorarlo con parole d’allora, ma
da tempo l’azzurro non sale più al cielo
ora il mare è il cristallo che riflette l’oro.

Nel tunnel degli scheletri i teschi ridono
ballano le ombre, giocano tra gli specchi
l’otto volante della vita mi ha fagocitato
ho finito i biglietti omaggio, ultimo giro.

Ma tu hai il pass…

sabato 9 novembre 2013

Troppo tardi per l'arcobaleno

[ranuncoli di primavere calpestate
lamponi e more colti all'improvviso
boschi e felci sul precipizio sognate
pitto sull'asfalto da fantasia acceso]

Troppo tardi. È un refrain.

Il filo rosso che annoda la mia vita.
Treni da prendere -persi all'istante-
attese disilluse in corsie allucinate
nei bianchi filari di pietra allineati.

L’arcobaleno s’è spento indispettito
la neve del tempo ha sciolto i colori.
L’affanno del cuore non mitiga l’ira
-la pentola d’oro ha preso altre vie-

Altra strada. Corri, sei in ritardo.

giovedì 7 novembre 2013

Maria senza la sedia

Maria. Così si chiama. La chiamano.
Trascina una sedia di plastica bianca
rubata al tavolino di un bar del corso.
Siede lì accanto, disturba? Non chiede.

Lo strusciare vociferante di anime
sfila indifferente, distratto -non vede-
lei muta assiste al coro -non chiede-
sembra far parte delle antiche mura.

Una sigaretta ciancicata tra le labbra
accende il profilo di pietra del suo viso
gli occhi senza voce interrogano l’eco
dei tuoi passi frettolosi -il tuo disagio-

Assisa su quel trono di plastica bianca
consuma la clessidra con dignità regale
poi la scacciano -ci sono i clienti Maria-
in silenzio lei abbandona e s’allontana.

Domattina come ogni giorno incrocerò
sotto i portici il suo passo strascicato, lei
-figura senza tempo di un tempo alieno-
reclama un posto, la dignità d’una sedia.

Due passi più in là, Maria. 

martedì 5 novembre 2013

Nel sogno il canto di una rosa nera

Madre, avanti alla porta ho indugiato
-la fossa affondava nel buio assoluto-
la rosa nera col suo canto mi allettava
poi la paura del distacco m’ha rapito.

Mi prese per mano un sogno contrario
-il limbo mi avvolse nel fiato sospeso-
laggiù ero disteso su un verde giaciglio
sereno malgrado l’inganno del dolore.

[così ti avrei raccontato il mio sogno
cercando conforto sul tuo seno -ma-
se ti cerco nei miei spasmi bambini
il cuore si stringe e il vuoto m’assale]

Tempo è passato e al tempo ho pagato
tributi all'inesorabile usuraio di anni,
ancora mi manchi ma so che m’attende
dietro alla porta il canto ammaliatore.

La nube di gabbiani è polvere d’argento
sorrido al tuo ricordo, i petali scolorano
-nuovamente il buio oggi m’ha stregato-
e il canto della rosa è strida arrochite.

mercoledì 30 ottobre 2013

Zucchero a velo e tarantole

Zucchero a velo sulle cicatrici
-bianche trine di lacrime salate-
stasera paiono ragnatele violate
di tarantole che hanno migrato.

Non ha colpa il piccolo ragno
-equilibrista sul suo filo di seta-
pencola dall'edera del poggiolo,
metronomo del mio inconscio.

Così un velo di sogni consolatori
addolcisce le cicatrici refrattarie
la poesia è una tana di fine ricamo
e i versi sono esche nella ragnatela.

L’alba strattona i sogni, cade il velo
è zucchero nel caffè, e le tarantole?
Sorrido al piccolo ragno che risale
forse stanotte ha ricucito la sua tela.

[il dolore ha la sua meridiana
e la neve ha irretito le tarantole]

lunedì 28 ottobre 2013

Piano inclinato

M’è fuggita dal costato per tre volte
per tre volte l’ho ripresa pei capelli
n’è rimasta una manciata tra le dita
basterà al cuore per cantare la vita?

[ho lasciato la porta aperta
di quella capanna tra i rovi
non tornerò ancora laggiù
le more hanno troppe spine]

Ora il tempo sbianca come quella farina
che ha il sapore delle castagne d’Ottobre
non ho spento gli ultimi sogni al mattino
ma rincorro falene fantasma sugli scogli.

[ti racconterò questa storia
e il tempo sarà senza tempo
le labbra allacciate sul seno
scorderanno le more dei rovi]

M’è fuggita dal costato per tre volte
per tre volte l’ho ripresa pei capelli
n’è rimasta una manciata tra le dita
ma scivola lenta sul piano inclinato.

domenica 27 ottobre 2013

Nient'altro che una voce

Un assito, un palcoscenico, un microfono
sipario sul proscenio, leggio alle spalle,
parole disattese, lunghe pause schernite.
-il mondo chiuso fuori ad ammiccare-

Vorrei scrivere quella canzone.

Versi che parlino del cenno che ci unisce
dell’intesa, del ritmo, della sincronia,
dell’unico respiro che crea il nostro passo.
-il tempo della neve ha sepolto il colore-

Vorrei quella voce. Nient’altro.

giovedì 24 ottobre 2013

Mare e marciapiede, polvere e colori

[c’è ancora marciapiede nelle narici
-nonostante il salmastro della riva-
c’è ancora tanta polvere di nebbia
-il grigio avvolge e rantola il cuore-]

Mattine in bianco e nero.

Così l’arancione del tram svilisce,
se nella consuetudine dell’attesa
la nebbia si confonde col cemento,
il lampione inattinico è quasi sole.
Vita di cemento, asfalto e camini
tram e binari, auto e semafori ciechi
colori illanguiditi, spauriti di calce
di imposte chiuse e sorrisi appesi.

Polvere grigia sfuggita al blu.

[è sabbia dorata, verde/acquamarina
-l’andare sereno di orme sulla rena-
è vento che tende la vela del legno
-il mare scolora il grigio cemento-]

martedì 22 ottobre 2013

Canapa e cartone

[malinconica tenerezza quella che assale lo sguardo
mentre inseguo la spuma della scia che s’allontana]

Vorrei della canapa, quella vera, non da bricolage, poi
avere mani esperte che sapessero intrecciare la corda
e cartone color nocciola dal sapore di antico migrante
da ritagliare con sapienza contadina e abilità artigiana.

[datemi canapa e cartone, ho sogni e ricordi da stipare
in quella valigia color nocciola che attende l’abbraccio]

…ma la scia s’allontana.

lunedì 21 ottobre 2013

Ticchettano i perché nella pioggia

La laguna ha il colore d’una pozza.

I perché riflettono con la pioggia.
Oggi il cielo ha il livore nell'anima
le nubi, poi, sono sospiri incattiviti.

L’acqua mi circonda, sa dimenticare.
Bollicine diseguali affondano i perché
e il ticchettare confonde il gabbiano.

-appendo ai cirri domande irrisolte-

Perché hai connotato la tua vita
come un numero telefonico alieno
di cui non ricordi mai il prefisso?

Perché ti accorgi di essere al limite
solo quando sei al bordo del foglio
e la matita è ormai un moncherino?

Perché quando sai tutte le risposte
e ne disconosci allora le domande
cerchi scampo nel rifuggire il dolore?


Piove. Ascolta il ticchettio.

giovedì 17 ottobre 2013

Crepuscolare intesa

Amo il crepuscolo. Quella mezza luce
che addolcisce l’aria e non offende lo sguardo.
È il volteggiare d’ali lassù, coriandoli anarchici,
stelle filanti liberate alfine verso mani protese,
pensieri multicolori sfuggiti ai lacci dell’anima.
Il calore della malinconia che cala lentamente
e ti avvolge e ti protegge dagli inverni futuri,
perché tua è la consapevolezza che il sorriso
appartiene alle aurore ma è disatteso dal fluire
inarrestabile della sabbia nella clessidra.
Adoro infine la mia allegrezza nel raccontarmi,
mentendo spudoratamente al cuore quelle note vive
che gli occhi cancellano sul rigo vuoto della memoria.
Poi, quello struggimento che mi coglie improvviso,
polvere di crepuscolare rossore che imporpora la neve.

Ostinata compagna dei miei versi è poesia, se vuoi.

mercoledì 16 ottobre 2013

Ali strinate al crepitar dell'occaso

Sa la nottola, avida e notturna meretrice
rubare spazi impossibili con voli sghembi.
Sa la falena dalle tessere di mosaico dorato
danzare allo sfinimento allacciata alla luce.

Entrambi andranno a morire quando Eos
chiamerà accanto a se nuovi raggi bambini
quando la notte butterà le chiavi della balera
mentre le stelle schianteranno assonnate.

Nottola e falena, ali diverse e diversi umori,
un'unica soluzione che alberga nel mio cuore.
Al tramonto, quando i viali del cielo ardono
declamano l’eterno rovello Shakespeariano.

Nulla importa del tuo disagio sul proscenio,
bruceranno le ali strinate al crepitar cremisi,
io continuerò nella mia splendida dicotomia.
Cuore di sole o crepuscolare afflato d’anima?

Abbaglia il rosso crepitare del tramonto, sì,
tornerò all'addiaccio sapendo che il domani
incontrerà ali strinate imbrunite allo sterno
e sorprenderà alla vista dei miei calzari alati.

Ali ai piedi all'aurora, se il tramonto brucia
Hermes ti procura una chance inaspettata,
nottola o falena dovrai onorare senza remora
quella cambiale firmata appeso a testa ingiù.

Intanto il rosso brucia i tuoi voli all'occaso.

sabato 12 ottobre 2013

Scarpe impolverate e ottovolante

Non ho contato.

Le pietre miliari abbattute
le erme dai sorrisi stanchi
i crocicchi disattesi nel riso
i ciottoli tirati negli stagni.

Erano gambe, allora.

Ed era sfrontata incoscienza
l’attraversare degli anni, poi
tracannare il tempo a morsi
aurore sempiterne nei sogni.

Un ottovolante, la nostra vita.

Sai, abbiamo finito i biglietti
la corsa della giostra spegne.
Abbiamo riso la gioia, urlato
salite e discese, a mozzafiato.

Ti guardo e conto i passi, ora.

Non importa se so far di conto
se l’ottovolante non ha più ali,
la polvere ha sepolto le scarpe.
Ma le aurore sono sempiterne.

Il sogno continua.


lunedì 7 ottobre 2013

A modo mio

[ho inseguito lucertole e aquiloni
nascosto la luna in un secchiello
appeso alle spine i calzini bucati  
venduto le ali al banco dei pegni

e l’amore col sorriso negli occhi
vinto sulle panchine nella strada
l’ho rotolato ai dadi della fortuna
perso nel buio di notti senza luna

sì, a modo mio questo ho vissuto
e l’onda sorreggeva le mie anche
nell'abisso c’era sempre l’appiglio
uno scoglio di cartapesta colorata]

Ora è là, all'orizzonte l’ultimo approdo.
Quella sottile lama di porpora rilucente
gioca a rimpiattino su onde anarchiche.
Non ho potuto riscattare le ali -volerò-
nonostante l’inerzia- ignavia degli anni.
Fantasia incanutita scalpita ai comandi
di un vecchio aereo di carta a quadretti.
Ho inseguito la vita. A modo mio.



-o lei ha inseguito me? -

mercoledì 2 ottobre 2013

Sindrome di Stendhal

Ci sono momenti in cui,
ancorata l’anima nomade
a un levigato marmo,
vengo colto alle spalle
dalle bellezze della laguna.
L’occhio spazia tra le barene,
insegue garzette birichine.
Allora scivolo dolcemente,
mi lascio cullare dall'onda…
Sogno? Che importa.

Ci sono momenti.


martedì 1 ottobre 2013

Dolci bugie, cioccolatini al curaro

[e passi il tempo a raccontarti il giorno
splendide bugie, incartati cioccolatini
-carta dorata che raccogli di nascosto-
che levighi di notte perché rifletta il sole
non hai misura della strada che manca
né se dovrai percorrerla da solo, se mai
non vuoi saperlo e addolcisci il dolore
incartando mille fole come cioccolatini]

Non ci voglio pensare. Lo so è infantile.
Ma quando volgo lo sguardo al domani
lo spasmo è inevitabile, il cuore sbianca.
L’ipotesi della solitudine è come curaro
è freccia acuminata che lacera il costato.
Non ci voglio pensare. Ma ci penso.

[e passo il tempo a raccontarmi il giorno,
la notte le bugie muoiono sul tuo cuscino]

mercoledì 25 settembre 2013

Chiave di vetro e toppa d'acciaio

-ho una chiave di vetro soffiato
ha un codice inciso tra i denti-

Sì, sorridi mentre inseguo con la mano
lo scoglio, il porto sicuro di ogni notte.
La stanza soffusa di chiarore è rifugio
se il tuo respiro sul cuscino mi consola.

Spazzo briciole di malinconia dal cuore
e respiro serenità da battiti consonanti.
L’amore, sai, ha nome solo se hai visto
parate di lune sfilare sotto il tuo cielo.

-ho una chiave di vetro soffiato
ha un codice inciso tra i denti-

 Blumun, evanescente Blumun blu
Blumun, un po' invadente Blumun blu
Blumun, Blumun blu*

Uno screzio di luna ride tra le imposte
la canzone muore nella toppa d’acciaio
hai lampi di blu nei tuoi occhi da gatta
ma da tempo conosco la combinazione.

Quanto basta. Ho la chiave.


*(da Blumun di Roberto Vecchioni)

domenica 22 settembre 2013

Epitaffio per una utopia

Erano occhi limpidi e fantasie alate
canzoni, versi tesi come pugni alzati
e le certezze di parole credute ideale
nei fazzoletti rossi vessilli liberatori.

Erano tute blu di indomito orgoglio
e l’imbelle gioventù ai lati del corteo
carpiva i segreti di una vita dignitosa
di uomini vessati da violenza antica.

E gli occhi hanno visto l’ultimo sogno
morire piano piano nei cuori inariditi
la fantasia orbata da anni senza ideale
nulla poteva contro la forza del potere.

[così ora ne scrivo in punta di nostalgia
e dedico a me stesso questi versi amari
negli occhi avevo una splendida utopia
dissolta nella fantasia assassinata ieri]

Incido nell'anima quasi fosse pietra.


giovedì 19 settembre 2013

Uno strappo nel blu

Uno strappo nel blu.

[quel giorno la pioggia colorava il mare
la calle mostrava cicatrici mai suturate
gabbiani attoniti sulle bricole arrossate
lisciavano le ali come bimbe da curare]

Uno strappo nel blu. Lassù.

Ago e refe, per favore. C’è da guarire.
Da serrare una finestra aperta sull’infinito
la paura del domani va nascosta agli occhi
e i battiti del cuore riprenderanno sereni.

Ago e refe. Presto. Non c’è più tempo.
Prima che il cielo pianga lacrime carminio
suturare la ferita sarà panacea miracolosa
l’uomo nero del futuro svanirà nel costato.


Una cicatrice nel blu. Ora.

lunedì 16 settembre 2013

Nomade precario, turista involontario

Ho fotografato la vita nello sguardo dei miei figli
poi l’ho incorniciata nel sorriso della mia donna.
L’ho percorsa -turista involontario- senza biglietto
e sono sceso a fermate prescelte da comandi ignoti.

Ho sfuggito -nomade precario- le asperità del viaggio
mistificando, perfetto istrione, il copione nella recita.
Alla fine tutto torna, quando la vita presenta il conto
rivendicarsi nomade non salva dal pagarne il prezzo.

Saldati i conti, attendo il resto. Il viaggio continua.

sabato 14 settembre 2013

Noi, corvi in attesa di Caronte

Si crebbe.
Avvinghiati ai capezzoli di madre Ecuba,
divorati nella clessidra di padre Crono,
lasciammo appesa l’incoscienza dell’età
lacerata dai rovi di una tana tra le more.

Si crebbe, ma poi.
Nulla più ebbe importanza ai nostri occhi
delle labbra color rubino dell’ingordigia
così alla fonte ci radunammo come corvi
in attesa dei cadaveri degli anni in fieri.

Si morì, il dì appresso.
Quando l’arroganza disvelò tutto il potere
e l’insipienza colse il frutto di cuori ignavi,
tutto ebbe ragion d’essere tra lampi e tuoni
in un artefatto temporale di bombe sicarie.


Si crebbe e si morì. Caronte non passò.

lunedì 9 settembre 2013

Del mare, dell’acquasanta, del diavolo e la sua canta

[spuma bianca/risacca lenzuola
come un onda/il nodo alla gola
pare un canto /gelato d’inverno
ma è la misura/tra te e l’inferno]

c’è una piccola chiesa raccolta nella mano
che attende il mio cuore da tempo lontano
c’è una preghiera che sin qui non conosco
che volerà l’anima oltre l’insidia del bosco

Ora. È tempo oramai.
Nulla disconosco del mio passato, ma è tempo.
Tempo di fermarsi, raccogliere i passi sparsi,
gli anni affannati di un tumultuoso cammino.
Tempo di stringere la mano di chi al tuo fianco
da sempre nel silenzio ti sostiene e ti corregge.
Basta riconoscerlo, riconoscersi nel suo sorriso
e attendere l’abbraccio della sua spuma salata.

Quasi un’acquasanta che libera e purifica.


Ne canto.

sabato 7 settembre 2013

Non ho avuto cuore

immerso in un efferato gioco elettronico
mentre il respiro insegue i led sui monitor
parole viepiù indistinte muoiono nel buio

-game over-

*****

Lo so.
Come sempre mi hai aspettato, invano.
Da tempo le canne sono pronte, sperano
il Po s’è spazientito, le esche ammuffite.

Stavolta la scelta era a portata di mano
dalla porta socchiusa dell’anima filtrava
caligine settembrina, livida coltre di trine.

Ma le catene dell’oggi sono ancora forti
così sono rimasto inchiodato alla realtà
mentre l’attesa scandiva i bip elettronici.

Lo so.
Potevo scegliere, l’ultimo respiro ha scelto.
Quanta altra misura di tempo indefinito
colmerà il buio prima che gli ami strazino?

Potevo scegliere. Non ho avuto cuore.

*****

ora l’iridescenza delle ali di una Vanessa
si frantuma tra i simboli e le cifre aliene
per ricomporsi nel sorriso sulle mie dita


-play again-


sabato 24 agosto 2013

Domani


“l’affastellarsi di frasi, mozziconi di respiro
le buone intenzioni e promesse da capogiro
mille cose e mille affanni differiti nel tempo
coltre di bugie pietose se sei senza scampo”

Questo frulla per la testa mentre mi preparo
e poi cerco nel sereno dei tuoi occhi la forza.
Non vi è rima che possa lenire l’inquietudine
che mi attanaglia e che non mi lascia fiatare.

Che fare? Vestirsi di sereno in attesa del buio
o ripetere allo sfinimento la nenia del domani?
Farò come quel gabbiano che urla ogni mattino
e attenderò che il tempo disegni il mio viaggio.


Domani.   

venerdì 23 agosto 2013

Luna tu, adorabile puttana

In quel tuo andare e venire notturno
acqua di mare vagabonda sulla rena
ora Vestale di riti e diafani amplessi
ora rapace maitresse, concedi favori.

Mutevole compagna di notti stranite,
assenti nel cuore, presenti tra le dita
una preghiera parrebbe uno schiaffo
meglio sarebbe uno sconto sul prezzo.

Tu conosci la mia ostinazione, tu sai
distruggo la mia casa per ricostruire.
Tu che governi la mia dicotomica vita
dimmi la strada che porta alla quiete.

È l’una tu non appari, la coltre è vuota.
In questa notte senza lucciole vaganti
l’attesa immalinconisce il tuo ritorno
il mare divora il mio castello di sabbia.

Mia adorabile puttana, in fondo ti amo.


giovedì 22 agosto 2013

A passo di danza

[non ho misura del tempo che mi separa dalla notte
aspetto, dietro a una porta senza nome, il mio nome
certo, da provetto guitto mistifico le emozioni, ma…
l’assito vetusto del palco non regge più la commedia]

Stupisce ancora, nonostante il passo sia incerto,
quel calpestar di orme sulla rena immalinconita
che mi trascina in un vagare senza alcuna meta
così, per non sembrare inchiodato ormai alla vita.

Se non ci fosse la certezza della tua mano sul cuore
mancherebbe il respiro che da sempre ci accomuna
a che pro allora arrovellarsi nell’attesa della chiama
quando il tuo sorriso mi accoglierà inevitabilmente?

Che danzi pure il tempo il suo falso minuetto, ora.

martedì 20 agosto 2013

Senza voce la mia storia

Della paura del temporale le mani in tasca
che stringono due conchiglie portafortuna
in quel campo sterrato senza colore e sassi
il pallone sgonfio stanco d’essere inseguito.

Della porporina arcobaleno di mille farfalle
che pennellava le dita bambine affascinate
tra le felci del declivio la vita aveva il fiato
spavaldo nella certezza del tempo a venire.

Della paura che torna ogni volta che tuona
e il temporale s’avvisa repentino nell’anima
ali di mille farfalle nello stomaco, muoiono
e rinascono il dì appresso malgrado la neve.

Della malinconia che ti prende al tramonto
quando è il momento di chiudere il racconto
quando le parole s’infilano le pantofole e poi
nascondono la fine sotto la coltre della notte.

Questo e altro potrei dirti ancora amico mio
ma il cuore tace al sopraggiungere del buio
nel tuono la voce è ormai amica del silenzio
nella notte afona urlo alla luna la mia storia.

Potrei dirti.

sabato 17 agosto 2013

Flashback di vento e spine

T’ho visto crescere piccolo rovo orgoglioso
delle tue acerbe spine color verderame
rotolavi sull'erg dell’insicurezza degli anni
rincorrendo arrogante falene adulatrici.

Ho inseguito il tuo respiro nelle stagioni
che imbrunivano inevitabili le tue difese.
Spine senza sangue ormai, secche e riarse
corazza immaginaria appesa all'omero.

Rosso di more e graffi nell'anima attendi
lo strazio dell’ultimo refolo di vento, ora.
Il deserto s’è innevato, trattiene il tuo aire
oltre le dune la pece del fondovalle è sirena.


Sarà canto del vento tra le spine.

domenica 4 agosto 2013

C'era una volta il blu

[i vecchi masticano i ricordi
come Andini coca tra i denti
e sputano il dolore sui piedi
come scorie di anni canuti]

Non serve. È illusorio placebo.
Penso, mentre immerso nel blu
tra laguna e cielo spolverato,
cerco un appiglio, un accento,
un sorso di memoria-rosolio
che lenisca lo sfregio del tempo.

Guardo il cielo. Il mare. Blu.

blu come le tute degli operai
che uscivano dai cancelli della Breda

blu come l’unico vestito elegante
che mentiva la tua età alla Domenica

blu come i jeans troppo stretti
che recitavano l’arroganza nei passi

Torno a masticar ricordi.

giovedì 1 agosto 2013

Senza paura (a fearless time)

Ho visto una rondine
dalle ali spezzate
arrancare testarda in cielo.

Ho visto un gabbiano
in arrogante delirio
credersi falco predatore.

Ho raccolto more e amore
e tra rovi sanguigni
ho perso le rose più belle.

Ho legato parole e versi 
ingabbiando frasi e pensieri
tra mura di carta vetrata.

Tutto come in un racconto
un film, una commedia,
un solo assito, un solo guitto.

-recita la paura specchiandosi-

Lo specchio è una cicatrice
taglia in due l’anima dolente
divisa e indecisa nella scelta.

-la paura è nata ieri, ma è figlia del domani-

So guys no fear, let’s go. Rock’n’ roll.


Facile a dirsi.

giovedì 25 luglio 2013

...e sò contento, sò...

3° classificato, Franco Pucci

Sempre coerente nelle scelte lessicali, nel calibrare le sonorità e il ritmo dei versi, Franco Pucci è un poeta che sa commuovere e conquistare il lettore. Uno stile asciutto, moderno e di grande impatto emotivo, dove la poesia si fa specchio dell'anima, intima rivelazione che fa affiorare limpide visioni del mondo, momenti di schietta verità e consapevolezza di un'esistenza complessa.
Pucci crea immagini efficaci, quasi a stabilire un legame visivo con i versi. E' un fluire maturo, immerso nei sentimenti, dove la forza creativa delinea una scrittura in costante evoluzione.


Gli autori Liber@rte

mercoledì 17 luglio 2013

Disilluse illusioni di un'anima borderline

Dapprima la pece, il nulla senza fiato
poi un big bang di accecante fragore
tsunami di polvere, cenere e sabbia
rimane tra i denti in un amore venale.

-occhi alieni, becchi di famelici corvi
attendono la soluzione del contratto-

Incosciente allineato ai telematici fili
di nuove generazioni genuflesse ai bit
o canuto irriverente restio al richiamo
delle sirene della cecità della ragione?

-la luce dei tuoi occhi è il mio risveglio
è la ragione stessa delle mie certezze-


Il nulla della pece ingoia le disillusioni.

domenica 14 luglio 2013

Fragile (reloaded)

Calzini indecisi abbarbicati sugli stinchi
sfuggiti nottetempo a lacci anarchici
affiorano da scarpe di vernice dimenticata.
Mento sulle ginocchia strette nell'abbraccio
di calzoni troppo corti da cedere al tempo
-sguardo perso alle nuvole color porpora-

L’immagine riflessa nella laguna mi coglie
lascio il clamore e il brusio alle spalle mentre
la gente sul Corso trascina la finta allegria.
Nulla è cambiato, stesso sguardo al tramonto,
stessa voglia di sogni e voli ad occhi aperti
-ingenuo desiderio di nascondere l’insicurezza-

Non fosse altro che per quel paio di calzoni corti
dimenticati dal tempo, appesi tra spine e more,
che il diaframma cadrebbe sciogliendo la neve
e sarei finalmente libero di vivere la mia fragilità.

mercoledì 3 luglio 2013

Cuore di paglia (a broken midnight)


Nel cartoccio di carta-paglia strinata
macchiato e scolorito da lune imbolsite
infilo straccetti di illusioni abbrustolite
che s’affastellano come patatine fritte.

-ho coscienza del buio che sopraggiunge-

Scivolo sui piani paralleli che delimitano
l’irreale confine tra sogno e realtà, poi
le nocche illividite s’imporporano, stringo
tra i pugni schegge di stelle ammutolite.

Non ho più cuore per andare oltre, allora
sbriciolo questa falsa notte in frantumi,
m’acconcio nel cartoccio di carta-paglia
e vivo, per non morire nel lasciarsi vivere.


-spaventapasseri orfano della sua luna-

mercoledì 29 maggio 2013

Chiocciola indecisa


Una striscia argentea sulla ruggine del poggiolo  
disegna il zig zag, il cauto andare della chiocciola.
Marrone, terrigna e prataiola procede a fatica
stupisce la vista, sorprende a due passi dal canale.

(Com'è finita quassù?)

Chissà se esiste un dio delle chiocciole -penso-
quelle antenne paiono esili braccia protese,
mani giunte in preghiera alla ricerca della via
del percorso dissipato dopo il lento divagare.

Pare soma insopportabile la casa che trascina.
-peso inevitabile che la natura le ha regalato-
Nell'imbrunire del grigio che stasera opprime
la chiocciola s’eclissa lentamente nell'edera.

Non ho antenne da protendere al cielo -ormai-
il tempo ha spento l’argento del mio cammino.

Chiocciola indecisa, dove poserai la soma?

lunedì 20 maggio 2013

Occhi di serpente


[il rumore di ossa spezzate
è sinistro rotolare di dadi
occhi spenti bucano l’attesa
e inseguono perfidi cubetti
l’aurora nella notte/asfalto
è marciapiede di periferia]

-è azzardo che torna prepotente?-

Non ho mai vissuto due volte la vita
sperando che fosse mano propizia -ora-
al limitar del tempo che mi è concesso
lancerò la sfida e rotoleranno i dadi -ma-

-la fortuna ha occhi di serpente-




domenica 19 maggio 2013

Nati orfani


A tre passi del traguardo
com'è che ci siamo persi
e all'arrivo della maratona
non abbiam trovato il filo?

Noi nati orfani…

[orfani del ‘68
orfani di Berlinguer
orfani dell’ideale
orfani della sinistra]

-figli di un’utopia matrigna-

Battiti di un cuore ingenuo
impietrito dall'arroganza
del mondo, novello Ugolino
che divora i disperati figli.

…orfani di noi stessi.

giovedì 16 maggio 2013

Sembrava rosolio, è aloe


[seduta là, in fondo alla sala
gli occhi bassi sulle ginocchia
timidamente arruffa la gonna
con arte sorride tra le ciglia]

-traluce rubino nel cristallo-

Il passo non ha cuore né ritmo
ti avvicini, la inviti, arrossisce.
Trema il bicchierino tra le dita
è inganno la rosa che avvampa.

Come sempre il ballo termina
proprio quando sai apprezzarlo.
Ora sai ballare, ma che importa
se t’ha lasciato amaro in bocca?

-sembrava rosolio, la vita-

sabato 11 maggio 2013

Una fiaba bugiarda


Vorrei…

qualcuno che mi dicesse una bugia
narrando una fiaba in calzoni corti
appeso il mio cuore a un palloncino
lasciandomi occhi al cielo a sognare.

Contro i vetri tintinna lo scrosciare
il temporale dà voce alla calle afona
e una malinconia infinita è presagio
di una claustrofobica paura del buio.

Gelida badante dell’età della ragione
mistifica la storia, scandisce il tempo
indossa la corazza del cinico istrione
recita indifferente l’attesa del dolore.

Non so più le fiabe, ho perso le parole
nel canale galleggiano storie senza età
quel fiore sul poggiolo è sopravvissuto
da lui attendo il conforto di una bugia.

…e la paura parrebbe coraggio.

venerdì 10 maggio 2013

Silenziosa armonia


Quando le parole si vestono di bistro
e i cenni fugaci son stormire di ciglia
quando un baleno folgora l’alabastro
e i tuoi occhi mentono sagaci sorrisi.

-è intesa-

Le frasi non dette sono inutili orpelli
io e te come riflessi dello stesso mare
l’attesa non segue una rotta prefissa
è un frammento di luce sulla spuma.

-è intesa-

E allora il respiro spezzato del domani
non ha bisogno di racconti zuccherini
il lampo che traluce e precede il tuono
è miccia spenta, inutile ammonimento.

-di silenzio-

sabato 4 maggio 2013

Io che sapevo nuotare


[Io sì che sapevo nuotare
non mi sono mai voltato
a contare i passi dispersi.
Il mare è una lavagna blu
le orme -gessetti spuntati-
stridono nel far di conto.]

Ti racconterò -tra respiri spezzati-
di un viaggio senza alcun bagaglio
con un ticket vinto al botteghino
di un baro del gioco delle tre carte.

Appoggiata al nero di una sottana
la ruggine della falce brilla ancora
e il ghigno di una luna meretrice
agghiaccia lo scandire dell’attesa.

Prima che la pece mi inghiotta
apri le braccia, prenderò il largo.

E ricorderò che sapevo nuotare.

martedì 30 aprile 2013

Petali


Una rosa di mare persa sul molo
forse reietta da un cuore di pietra
sta morendo d’inedia e solitudine
mentre scolora al sole incattivito.

-subitaneo il corteo di formiche-

Seduto sulla panchina (distratto)
sfoglio la margherita dei pensieri
nel gioco delle speranze mi perdo
dimentico dell’altalenar della vita.

Fiore straniero venuto d’incanto
t’ho reciso nel sogno di controra
t’ho impaniato nelle mie illusioni
poi lasciato morire per superbia.

-tumula petali di vita a bocconi-