crepuscolare intesa tra versi e immagini.

crepuscolare intesa tra versi e immagini.

martedì 26 giugno 2012

A cavalcioni su una sedia


quanti di me ho incontrato
persi tra gli spigoli della vita
raccattati sull’acciottolato,
disegnati in punta di matita

la luna un piatto d’avanzi sporco
riflesso nella pozza tremula
d’acqua di rose peste nel mortaio

di sampietrini.

notti dolciastre a scendere e risalire
e prendere al volo il carrozzone.
ho raccontato. riempito pazzie di fogli.

quanti di me?

ho perso il conto lassù in equilibrio
ciondolando sulla treccia di  Fantasia
puttana sospesa tra realtà e incoscienza.

tirar tardi a cantar Contessa e fiabe
tra pannolini e conti da saldare,
recitar a soggetto pagava le cambiali.

ma sì, per quel tanto che ho vissuto,
digerito tra calzoni corti e jeans bugiardi
passato in fretta, dannatamente in fretta.

chissenefrega.

cherosene nelle vene  sull’assito sdrucciolo
il copione è oramai monologo ansante
scrivo l’incoerenza col sorriso nelle tasche.

è l’ultimo atto, canuto istrione
a cavalcioni su di una sedia
ora puoi stonando Aznavour
concludere così la commedia

sipario.

lunedì 25 giugno 2012

Forse erano lacrime


Di là dal vetro gli occhi inseguivano quattro foglie arrugginite di platano
che in volo carpiato si tuffavano nella pozzanghera sul grigio selciato
le compagne verde oro in attesa le accolsero con un girotondo festoso
e inscenando un’ardita figura di nuoto sincronizzato sparirono nel tombino.

Lo sguardo faceva lo slalom tra i piccoli falsi diamanti sparsi sui vetri
mentre la noia aveva il sapore della pioggia che cantava a squarciagola,
il Naviglio indifferente ingoiava quelle lacrime che nessuno aveva pianto
e la notte dal seno matrigno carezzava la mia mano ingannando Morfeo.

Il pianto dapprima sommesso lentamente mutava in canto di protesta
martellando il silenzio lacerava le trame del sipario dell’indifferenza
il cucciolo ancora in me reclamava affamato il diritto ad un cielo sereno
mentre gli occhi arrugginivano inseguendo il volteggiare delle stagioni.

Pioveva quella notte a Milano, ma forse erano lacrime.

lunedì 18 giugno 2012

Emersion (surfacing frame by frame)


gli occhi al rosso mentre rovescio l’orizzonte
immerso nel blu abissale del ventre notturno
inarco il respiro all’ingiù dimentico d’apnea
nel mare amniotico che protegge il mio sonno

così adagiato su di una sottile faglia di corallo
anche stanotte ho respirato sogni in bollicine
nella realtà gasata che ha inebriato i miei voli
ho sospeso l’anima in un confortevole rifugio

annaspo il buio.

[recidere il cordone. invertire la rotta.
dimenticare deliri di comodo. tornare.]

emergo infine.

[respiro con difficoltà. la realtà mi affoga.
vorrei immergermi di nuovo. non posso.]

hai acceso la luce.

venerdì 15 giugno 2012

Puntini di sospensione


au revoir, et à la prochaine fois…

Sono rimasto così, appeso a quel saluto.
La sera respirava allegra una fisarmonica
mentre il tramonto sulla Senna era un falò
che oscurava il carminio dell’estemporanea.

Ci siamo salutati e lasciati, Parigi?

Ancora oggi, quando il tramonto sul mare
colora con lo stesso fuoco, mi addormento
dondolando il sorriso sull’amaca dei ricordi
che ho sospeso tra la promessa e la speranza.

Cancellerò quei puntini di sospensione.

In fondo sono solo tre…

mercoledì 13 giugno 2012

Gichero e Passiflora, un amore di veleno


[con passo sfrontato attraverso l’incerto tratturo
e supero il dosso che divide il sogno dal surreale
dai lati dell’onirico paesaggio il verde malato
occhieggia con sguardo mefitico il mio incedere]

-avrebbe potuto essere un grande amore,
ma il corrucciarsi del terreno separava
due anime così diverse parimenti velenose-

lui “Pan di Serpe”
ingannevole tentatore

incredibile nel frutto color di zafferano acceso
si ergeva turgido sul suo stelo variegato
con foglie intrecciate ammiccava l’amplesso

lei “Fior di Fiele”
perenne icona del fervore

splendido fiore della passione dominava altera
mentre offriva al cielo i suoi stami, la corolla
pareva blasfemo connubio di sacro e profano

nutrono nella bellezza
il sottile veleno dell’amore

-non s’incontrarono mai ciascuno curò,
concedendo il suo veleno alla sapienza antica,
in giusta misura la cagionevolezza umana-

[superato il dosso del sogno e della metafora
nello stupore dell’inusuale e sfrontata bellezza
colgo il monito che la natura cela ai superbi,
l’amore è veleno nelle mani degli improvvidi]

lunedì 11 giugno 2012

11 Giugno 1984, quella sera ho pianto


Seduto, i gomiti poggiati sul tavolaccio
gli occhi erano gonfi di parole spezzate.
Accanto a compagni dello stesso viaggio
piangevo l’idea che s’ammantava di nero.

Era un sentimento, la speranza futura
che su quel palco andava morendo
così oggi rivedo le primavere vissute
all’ombra di un vessillo creduto sincero.
Il tempo mostrò le crepe di quelle certezze
e il muro crollò travolgendo gli errori,
delle macerie di un ideale tradito rimase
il ricordo indelebile di un grande uomo.
Oggi che il disincanto e il cinico profitto
hanno disatteso qualsiasi domani,
non rimpiango ciò che la storia condanna
ma non rinnego quella tensione ideale.

Quella sera ho pianto, Enrico.

domenica 10 giugno 2012

Mai di Sabato


Dovessi rinascere, vorrei non fosse Sabato.

[questa giornata indecisa, di mezza festa
dove metà ti offre vacanza e metà ti tiene
dove l’amore attende la metà che manca
e la Poesia rimane a mezza voce espressa]

Era di Sabato quando non ti ho incontrato.

Anche il cielo era sibillino
metà turchese e metà piombo
indeciso nel sentire lasciava
appesi a un’incompiuta.
Non erano fiori in attesa di te
solo parole inespresse
che si rincorrevano ingabbiate
nell’illusione della clessidra.

T’incontrai finalmente. E non era Sabato.

Frantumai il cristallo aguzzino
il tempo ingoiò sabbia, liberò parole
scrisse l’incipit di questa poesia,
di vita vissuta come fosse Domenica.

Sempre.

venerdì 8 giugno 2012

Soul and fantasy


Ho lavato e stirato l’anima
piegandola con la fantasia,
come fazzoletto l’ho infilata
tra le costole, sopra il cuore.

infilata
tra le costole

Oggi non parlerò dei gabbiani,
del loro isterico, aspro vociare
muterò il foglio in verde acqua
intingendo le parole di laguna.

sedotta
dalla fantasia

Salirò sul traghetto dell’utopia
raggiungerò l’infinito parallelo,
dispiegato il fazzoletto d’anima
saluterò l’approdo tra i sorrisi.

l’anima
soffoca il cuore

Una medusa insegue i pensieri,
-veleggiamo verso l’identica meta-
ancorato ai miei battiti terreni
respiro in un polmone d’acciaio.

Rimetto l’anima al suo posto.

L'unica certezza


Odio chi ostenta sicurezza
e verità assolute in tasca,
chi accende ceri in chiesa
quando la corsa termina,
e bestemmiando giudica
dall’alto di un falso pulpito.

Ho accumulato neve di anni
vissuti cercando le risposte,
mai rinnegando le domande.
Alla mia testarda insicurezza
è data una sola replica, la vita
non dà mai comoda certezza.

giovedì 7 giugno 2012

Me intriga el parlar ciosoto*


Non è ancora mia
questa nenia, questa cantilena,
questo frangersi di acuti e di vocali
sugli scogli e le barene della laguna
quasi andar delle maree con la luna.

Non è ancora mio
questo altalenar ritmato e tronco 
questo parlar dolce seppure asprigno
nelle gole arrochite dei pescatori
e nell’eco delle “ciacoe soto i porteghi”.

Forse non c’è tempo
mi sono abbeverato a mille idiomi
e ho dato alla mia voce tratto indistinto
foresto sono a tutti, anche a me stesso
confondo le parole e spesso non capisco.

Non è ancora mio, però m’intriga.

*dialetto di Chioggia

martedì 5 giugno 2012

La tonaca nera e il crocefisso di maiolica


[Non so perché per i vecchi ricordare
sia il copione più facile da interpretare
quando si è sollecitati sul proscenio,
sull’assito, a recitare scampoli di vita.
O forse è desiderio di mettere a nudo
se stessi, come se le tessere del mosaico
che compongono un’esistenza fossero
scaglie di vergogna di cui liberarsi.
Così apriamo i cassetti del canterano
mettendo in fila parole, frasi, spezzoni
di avvenimenti che raccontano di noi,
della nostra vita, e quel faticoso respiro
che passa attraverso i mantici del corpo
non si ferma allo sterno, ma prende voce
e corpo e sale su, sino a liberare l’anima
dalla sua atavica ritrosia e timidezza.]

Calzoni corti e gambe perennemente ferite
dalle ire dei rovi in cui spesso m’infrattavo,
uccidevo i noiosi pomeriggi periferici
con la caccia alle lucertole e le interminabili
partite a ping-pong nell’oratorio.
Sedici anni sfrontati con la sfida negli occhi
e l’ansia di crescere legata nei pantaloni.
Si chiamava Sandro. Don Sandro.
Era il giovane prete cui era stata affidata
la gestione dell’oratorio di periferia.
Il richiamo a un dovere che sentivo imposto,
parve essere limitazione alla mia libertà
e causò il mio scatto d’ira, un gesto
di cui immediatamente mi pentii, ma…volò
la racchetta e colpì il rosario appeso alla tonaca.
Cadde a terra il piccolo crocefisso.

Andò in frantumi.

Non ho più rivisto quella tonaca nera,
e ho spesso cercato d’incollare quei frammenti.
Ma ho sepolto i ricordi nel canterano della vita,
tra fogli ingialliti e fermagli arrugginiti dal tempo.


domenica 3 giugno 2012

Monte Stella (la piccola montagna di Milano)


Tante piccole macerie ricordo di una Milano piagata
ricoperte di terra e innaffiate dalle brume ottobrine
ciuffi spaesati di verde malato faticosamente spuntati
lassù sulla cima di quella falsa montagna cittadina.

Era nei giochi bambini un’ardua montagna da scalare
fantastica vedetta da dove scrutare e immaginare voli,
mondi sconosciuti nascosti tra le pieghe dell’azzurro,
piccole fantasie dimenticate in una convulsa crescita.

Eppure con gli occhi ormai cresciuti di cuori innamorati
si andava le sere d’estate a caccia di stelle confidenti
mentre le mani arrossivano la ricerca dei seni nascosti
i cuori mentivano promesse di amori indimenticabili.

Tu come piccolo alieno atterrato in un mattino d’estate
con gli occhi sgranati avvezzi al cobalto di spazi infiniti
sedevi meravigliato sulla panchina ad ascoltarne l’eco
e sognavi distese azzurre condivise per amori marinai.

Ora come allora gli occhi confusi in un fondersi di blu
mentre cerchi con un gioco antico la stella confidente
ascolti la voce della laguna unirsi al coro universale
e l’eco cantare al battito di un cuore ancora bambino.

Tra cielo e mare lassù, la Montagnetta di San Siro.

venerdì 1 giugno 2012

Mi racconto un sorriso

Ho il cuore altrove

I pensieri hanno il fruscio
delle ali di un colibrì
innamorato della corolla,
non il respiro possente
del rapace che in tondo
sorvola la sua preda.
Catturo iridi ammirando
gli amplessi giocosi
nei riflessi della laguna,
di lassù la luna dispettosa
appare e scompare
sul boccascena stellato
come illusionista provetto.

e l’anima tra le dita.

Scrivo per me, stasera
mi racconto un sorriso.