[con passo
sfrontato attraverso l’incerto tratturo
e supero il dosso
che divide il sogno dal surreale
dai lati dell’onirico
paesaggio il verde malato
occhieggia con sguardo
mefitico il mio incedere]
-avrebbe potuto essere un grande amore,
ma il corrucciarsi del terreno separava
due anime così diverse parimenti velenose-
lui “Pan di Serpe”
ingannevole tentatore
incredibile nel frutto color di zafferano acceso
si ergeva turgido sul suo stelo variegato
con foglie intrecciate ammiccava l’amplesso
lei “Fior di Fiele”
perenne icona del fervore
splendido fiore della passione dominava altera
mentre offriva al cielo i suoi stami, la corolla
pareva blasfemo connubio di sacro e profano
nutrono nella bellezza
il sottile veleno dell’amore
-non s’incontrarono mai ciascuno curò,
concedendo il suo veleno alla sapienza antica,
in giusta misura la cagionevolezza umana-
[superato il dosso
del sogno e della metafora
nello stupore
dell’inusuale e sfrontata bellezza
colgo il monito che
la natura cela ai superbi,
l’amore è veleno
nelle mani degli improvvidi]
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