crepuscolare intesa tra versi e immagini.
martedì 31 marzo 2015
vanessa: Ranuncoli di laguna -Marzo surreale-
vanessa: Ranuncoli di laguna -Marzo surreale-: È questa voglia assassina di primavera -che mi fa sognare ranuncoli di laguna- surreali sfumano dondolando alla vista e fluttua una t...
lunedì 30 marzo 2015
vanessa: Immaginami, poi
vanessa: Immaginami, poi: [nella camera orfana di cornici quando l’esplosione dei colori lascia solo graffi come cicatrici sul muro, epigramma di dolori] …...
domenica 29 marzo 2015
vanessa: Di braccialetti rossi e zucchero radioattivo
vanessa: Di braccialetti rossi e zucchero radioattivo: “Dottore, cos'è?” “Zucchero. Zucchero radioattivo” La voce ora è davanti a me. Occhi profondi, nera pece ardente mi fissano...
vanessa: Sabbia e nevischio in questo rosa di Marzo
vanessa: Sabbia e nevischio in questo rosa di Marzo: E poi sanno di sabbia e nevischio questi anni noi, orfani del racconto degli altalenanti passi consci della fatica dell’accettarsi n...
vanessa: Bozzolo tra i seni di primavera
vanessa: Bozzolo tra i seni di primavera: No, non c’è alternativa al sogno. Sono rimasto così -incastrato- tra il respiro e l’attimo indocile, presenza inopportuna -cuneo- c...
vanessa: T'avessi incontrata prima
vanessa: T'avessi incontrata prima: Oh, t’avessi incontrata prima -mia Musa- non avrei caleidoscopi arrotati negli occhi non lacrime di vetro tintinnanti tra i versi -av...
vanessa: T'ho vissuto così -sulla mia pelle-
vanessa: T'ho vissuto così -sulla mia pelle-: Liberavo l’istinto pur se m’aprivo al sogno e le toppe sui ginocchi e i graffi dell’anima poi a primavera sul prato davanti a scuola ...
vanessa: Figlio d'edera -senza fretta-
vanessa: Figlio d'edera -senza fretta-: È una bugia avvelenata sulla punta della lingua -come crescono in fretta le bacche rosse dei rovi- Non ha fretta di crescere inve...
mercoledì 11 marzo 2015
1000. L’ultima falena -fragile porporina-
È grigio stamane -dovrei
dolermene-
ma il sole di
Marzo è illusoria esca
bugiardo marinaio
di stantie parole
d’angiporto
-assonnato e irriverente-
La calle è sospesa
-la cuna di canapo-
un silenzio ovattato
stranisce le attese
e ogni rigurgito
d’ansia e di memoria
rimane domanda
irrisolta allo sterno.
Attendo il guizzo
d’argento nel canale
-liquido acciaio,
bigio come i pensieri-
lo specchio
affumicato si concede, ma
rimbalzano le mie
irresolutezze -paure-
Mille falene
sfuggite al retino disperso
hanno deflorato
di porporina -oh, etere-
il bianco
asettico del foglio elettronico.
Mille Salomè -storie
discinte senza veli-
Ritardataria
rincorro -l’ultima poesia-
che adescata
dalle lusinghe del canale
si bea delle ali -fragili
specchi colorati-
gode della
bellezza d’un giorno in fieri.
Stolta -penso- se
non vedrai il domani
a cosa servirà la
tua fragile porporina?
[il retino rimasto appeso -là sul costato-
sorride tra la fionda e un raggio di sole]
È grigio stamane
-dovrei dolermene-
lunedì 9 marzo 2015
(-2) Mi sei dentro, è inevitabile
In ogni piega, in
ogni respiro. Io e te.
Tu sei me,
simbiosi univoca, perfetta
non puoi/non ci
possiamo ingannare.
E parliamo con
una voce sola, io e te
e poi ci
stupiamo, ipocriti per amore.
E poi scrivo, e sei
il mio foglio bianco
io la tua pagina
dove scrivi la mia vita.
-mi sei dentro-
Fosse l’ultimo afflato -l’ultimo io e te-
l’ultimo verso di
questa cattiva poesia,
l’ultimo -ti amo-
scritto con il pudore,
la consapevolezza
dei battiti del cuore.
Anche se il blu
del mare stingerà le ali
e l’aquilone non
avrà il vento a favore
l’ultimo volo
sarà un assolo a due voci.
-è inevitabile-
domenica 8 marzo 2015
(-3) Padre dimmi della paura
Perché tu possa
capire mio caro padre
che quel che m’uccide
è solo il cruccio
di un volo zoppo
-senza ala compagna-
è la paura che il
coraggio prenda l’aire.
-nel sogno la
luna si camuffa da sole-
Il sole disegna una griglia sul soffitto
e lame di luce giallo sporco scrostano
il verde ammuffito, ancestrale ricordo
del bar enfaticamente chiamato “Zip”
Tu mi guardi con
occhi di liquido cielo
io tremo a che il
racconto prenda corpo
il cartoccio del
panino suda olio stantio
e un moscone
decide un menu vegano.
La scena ha un che di surreale letterario
la strada nero bitume che asfalta le gole
e il bar rifugio di una controra assassina
non fosse che stringo lenzuola sudaticce.
-rotola timoroso un
cucciolo, nel sogno-
Tu sai, conosci
il disegno, perché il sogno
è spesso cabala
crudele per chi ci crede o
scarabocchio
d’alea nell'anima per il cieco
che gioca, mentre rampogni la mia paura.
-ulula lacrime
d’uomo, tra i versi-
venerdì 6 marzo 2015
(-4) Quel raggio di sole appeso
Quel raggio di sole appeso all'ingiù
tra la fionda e la retina per le falene
-celato tra le
costole- è una canzone
una filastrocca che tormenta la sera.
Fa capolino -occhieggia nell'attesa-
vuol uscire, sanare il cielo graffiato
sorridere alle promesse mantenute.
Perché quel velo di tristezza allora?
La fionda senza il sasso a che serve?
Farfalle ne presi a mani nude allora
-porporina iridescente colora le dita-
servirà la retina per catturare versi?
La fionda, la retina -il
raggio di sole-
là finiscono i ricordi. I sogni. Forse.
giovedì 5 marzo 2015
(-5) Passando da Nostradamus a il Pendolo
Ora che a poco a poco il traguardo s’avvicina
riconosco profumi e colori che mi paiono gemelli,
simbiotici padrini della nostra lunga storia.
E così le rocce di tufo su cui crescono i capperi
le olive -gocce di sapere e sapore antico- del Salento
e l’Egeo che t’ha depositato come rara conchiglia.
Si fondono ricordi cittadini di periferia milanese,
di un fiume malato che bruciava le sue sponde
l’allegra leggerezza di piccoli artigiani della fantasia
tra capanne di rovi e battaglie con la cerbottana.
Radici, respiri diversi, magicamente spiaggiati
e magicamente fusi in un’anima, una poesia sola.
Mille e non più
Mille poesie sono una promessa
un furto di tempo
per scrivere una scommessa.
Questo count-down è arbitro del mio futuro
-se cesserò di scrivere per ricominciare a scrivere-
avrò ancora cielo per raccontarne l’armonia?
mercoledì 4 marzo 2015
(-6) Un graffio al cielo -sanguina-
[Se non fosse
perché le settimane
scompaiono alla
vista, e le attese
presto germoglieranno
nei colori
-quasi profumi
della primavera-
sarebbe tedio lo
scrivere di notti
e giorni appuntati
sul calendario
dell’anima e mortificare
l’amore
di chi sostiene e m’accompagna
in questa avventura
da decenni.]
Lacerare il cielo è ottusa lena.
Il suo respiro è il mio, negli occhi
l’intesa di una tenerezza infinita.
Prendo fiato. Inseguendo il sogno.
Cerco artigli rossi sulle le dita, ma
ho le mani di bambino -nella
fola-
e il lupo cattivo non sanguina mai.
Non dire nulla -ho
graffiato il cielo-
e il dolore non ha fiori da poggiolo.
Sanguina.
(-7) Di me e dei miei se
L’ultima volta che t’ho incontrata
eri altezzosa, sicura di te -sciocca-
io andavo incontro al buio, quieto
e tu affannavi il mio cuore invano.
Se
…avessi creduto alle tue lusinghe?
…mi fossi arreso alle tue minacce?
…avessi adombrato l’anima a Dio?
…avessi pronunciato il tuo nome?
Dei miei se, dei miei brevi brividi
ora che ti conosco -paura-
sorrido
li ho presi per mano come piccini
camminano con me serenamente.
Di me -ora che sai-
puoi scordarti.
domenica 1 marzo 2015
(-8) Si vorrebbe poesia là dove tace
Si vorrebbe alfine una carezza
-dolce tepore di materno seno-
invece è aspro sorriso irridente
di un caparbio gelo marzolino.
Eppure il cielo è azzurro, lindo
-che m’incalza all'abbandono-
ma paguro timoroso recalcitro
e ascolto le paure rinnovarsi.
Sì, vorrei quella voce querula
-l’amore non intende bon-ton-
che il gabbiano reitera all'alba
ma il pudore è vezzo superbo.
Eppure Proserpina è alle porte
-e il cuore dirupa a primavera-
ma sarà primula l’attesa di vita?
Ubbie di Marzo, smorfie silenti.
Si vorrebbe poesia là dove tace.
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