Si vorrebbe alfine una carezza
-dolce tepore di materno seno-
invece è aspro sorriso irridente
di un caparbio gelo marzolino.
Eppure il cielo è azzurro, lindo
-che m’incalza all'abbandono-
ma paguro timoroso recalcitro
e ascolto le paure rinnovarsi.
Sì, vorrei quella voce querula
-l’amore non intende bon-ton-
che il gabbiano reitera all'alba
ma il pudore è vezzo superbo.
Eppure Proserpina è alle porte
-e il cuore dirupa a primavera-
ma sarà primula l’attesa di vita?
Ubbie di Marzo, smorfie silenti.
Si vorrebbe poesia là dove tace.
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