crepuscolare intesa tra versi e immagini.

crepuscolare intesa tra versi e immagini.

venerdì 19 giugno 2020

Onirica Sottomarina

Acrilici e colori metallizzati
su cartone da legatoria
cm. 35 x 50

Uccidimi


E se poi dovessi morire tu non esitare, uccidimi.
Sì, uccidimi dentro di te per non soffrire troppo
ogni volta che questo ricordo vigliacco ti assalirà
aspettandoti nascosto tra gli anfratti del cuore.

Uccidimi perché troppo è il dolore che proverei
mancando sapendo che il mio vuoto è ora il tuo.

Vedi anima stranita -mentre leggi queste parole-
come il solo pensare rompe gli argini del rimmel
che va sciogliendosi rigando di nero le tue gote
quasi triste Pierrot in scena sul palco della vita?

Uccidimi perché non avrai altri momenti di vita,
la mia presenza dentro di te affogherà ogni fiato.

Se poi tu non avessi animo di spegnere la cenere
ricordati che brucerà in silenzio ogni tuo attimo,
riempirà di me il tempo che ormai ti appartiene
e ti offrirà in cambio solo la tenerezza del dolore.

M tu non esitare. Uccidimi.

Pochi spiccioli di tempo


Pochi spiccioli di tempo in saccoccia.

Pochi -pochissimi- da barattare con Crono
per respirare nuovamente un azzurro
che sia vivido nei miei occhi, sì da lenire
l’ansia che incompresa spesso mi attanaglia.

Pochi spiccioli di tempo, senza resto.

Avessi un porta/tempo capace, ampio
allora sì che comprerei altra vita all’incanto
altro amore da spendere con te accanto
altri respiri per salutare gabbiani nomadi.

Pochi spiccioli di versi per una poesia restia.

Non chiederei altro se non un sorriso
il sorriso della cassiera al market della vita
dove spendere questi attimi che si rincorrono
e che non hanno più un timoniere acconcio.

Pochi spiccioli.

Verso un altro mondo (quando mi addormenterò)


[la valigia pronta -ormai insofferente-
aspetta questo mio respiro da tempo
le ali posticce incollate alla bell’e meglio
paiono sterpi rinsecchiti dall'attesa]

Ma in fondo chi non ha mai pensato
all’ultimo viaggio? Forse non è per questo
che sulla foto del gruppo dei viaggiatori
in questo disperato mondo campeggia
la nota “pessimismo dell’età compiuta”?

Non ho prefigurato rotte, non sono Nemo.

Sai, mio Nautilus è uno spirito notturno
-curiosa interpretazione della sfortuna-
mi traghetterà verso un altro mondo, oltre.
Non so se le ali reggeranno il mio corpo
ma sarò soffio ardente anche se consunto.

Da tempo l’anima abita la porta accanto
la porterò con me, ha già pagato il biglietto
sarà peso lieve, regolati i conti con la vita.
Con la fortuna ho avuto rapporti alterni,
però con il suo beneplacito partirò sereno.

Quando mi addormenterò non svegliatemi
un altro mondo mi aspetta, sono curioso.

Come una civetta indovina.

E' follia, non fosse che la vita fugge. Comunque


Provarci ancora? Come no. L’alieno che è in me scalpita.

Intanto il mare se ne frega dei tuoi piccoli relitti di vita
abbandonati sulla rena e li porta a spasso per il mondo
recita a soggetto e insegue gli umori di una Luna isterica

E’ follia? Come no. La plastica affoga comunque, sai.

Ho il voltastomaco, ma gli anni paiono non registrare
questa ansia, queste ferite che ciclicamente s’aprono
e si richiudono come bivalve impazzite spiaggiate, oggi.

(parrebbe saggio fottersene una volta per tutte e burlare
il tempo che scorre inesorabile e incontentabile tra le dita)

La vita fugge. Comunque. Stringi il pugno, niente tra le dita.

Intanto la calle mi fagocita i pensieri, nonostante la mente
sia abbarbicata ai ricordi e distrattamente coltiva farfalle
da liberare prima che primavera giunga -madre distratta-

Ci proverò. Così il bambino che scalpita e urla dentro me
sprona quel che rimane del mio coraggio e dell’amore, ma
andrò a recuperare resti di volontà tra l’ignavia e il cuore.

(parrebbe saggio fottersene una volta per tutte e burlare
il tempo che scorre inesorabile e incontentabile tra le dita)

La prima farfalla la chiamerò Follia. E volerò ancora, vedrai.

Non fosse che la vita fugge. Intanto.

È follia.

Frullar d'ali


Ramarro.
Rapido lo smeraldo verde a piccoli pois neri
coda inastata a insultar il cielo buca il greto.
Canne giallo oro agitate all’impatto fremono.

Non ho contezza del tempo ormai trascorso.
È là, dietro le canne, che l’amore consumato
ha le dimensioni del sogno che m’attraversa
e la ragione del ricordo riemerso impudente.

Poche le stagioni dimenticate dietro le spalle.
Poco il tempo imbracato nei jeans da adulto.
Poco raccontavano i rossori delle gote sudate.
Poche le emozioni fagocitate frettolosamente.

Seppure nel tempo canuto i sogni travolgono,
le notti sbiancano i desideri sfocati -imprecisi-
e il cuscino non ha più animo di raccogliermi.
La notte è là, forata da piccoli proiettili di luce.

Frullar d’ali.
Orecchio teso, sguardo circospetto -frettoloso-
raccolto tra le canne aveva un che di proibito
l’amore sconosciuto si raccontava finalmente.

Sobbalzo al cuore. Rapido s’alzava un paio d’ali.
Fretta, fretta. Che sarà? Ridono ancora gracidii.
Rane intemerate avrete la mia piccola vendetta.
Passo il pomeriggio a inseguir rane, dimentico.

Racconto alla mia ombra spersa in controluce,
al soffitto che ora raccoglie frammenti di luna,
quanto ai sogni tocca dar corpo come ai ricordi
quando anche il cuore asserisce i tuoi rossori.

Chiudo gli occhi, riavvolgo il nastro. Invano.

Frullar d’ali.

Ciabatte di pezza


Ciabatte di pezza

Le ciabatte squittiscono sul pavimento fradicio d’umidità
-pantegane riottose al minimo azzardar d’un timido passo-
in fuga verso il canale affogheranno l’ultimo refolo d’estro.

Il grigio, bambagia pittata di livida luce fora i vetri, soffoca
gli aneliti di una volontà coartata tra gli anfratti dell’anima
fatico sino al foglio, controllo scorrerie sulla tastiera, scrivo?

Pensieri come cioce di pezza.

Sfondati, rattoppati alla bell’e meglio. Provo a ricucire. Ago.
Il refe di questo tempo coatto m’aiuta, riesco a dar loro vita
incolonno i concetti, tralascio rime e versi convulsi. Scrivo!

Dinanzi al mio stupore un gabbiano solitario strozza il grido,
i pescatori animano la calle, rumori, odori, intercalar di toni
m’avvisano che è tempo ormai di contare, parlar di Maggio.

Quasi fosse Novembre dell’anima.