Ciabatte di pezza
Le ciabatte squittiscono sul pavimento fradicio d’umidità
-pantegane riottose al minimo azzardar d’un timido passo-
in fuga verso il canale affogheranno l’ultimo refolo
d’estro.
Il grigio, bambagia pittata di livida luce fora i vetri,
soffoca
gli aneliti di una volontà coartata tra gli anfratti
dell’anima
fatico sino al foglio, controllo scorrerie sulla tastiera,
scrivo?
Pensieri come cioce di pezza.
Sfondati, rattoppati alla bell’e meglio. Provo a
ricucire. Ago.
Il refe di questo tempo coatto m’aiuta, riesco a dar loro
vita
incolonno i concetti, tralascio rime e versi convulsi.
Scrivo!
Dinanzi al mio stupore un gabbiano solitario strozza il
grido,
i pescatori animano la calle, rumori, odori, intercalar di
toni
m’avvisano che è tempo ormai di contare, parlar di
Maggio.
Quasi fosse Novembre dell’anima.
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