Non ho contato.
Le pietre miliari abbattute
le erme dai sorrisi stanchi
i crocicchi disattesi nel riso
i ciottoli tirati negli stagni.
Erano gambe, allora.
Ed era sfrontata incoscienza
l’attraversare degli anni, poi
tracannare il tempo a morsi
aurore sempiterne nei sogni.
Un ottovolante, la nostra vita.
Sai, abbiamo finito i biglietti
la corsa della giostra spegne.
Abbiamo riso la gioia, urlato
salite e discese, a mozzafiato.
Ti guardo e conto i passi, ora.
Non importa se so far di conto
se l’ottovolante non ha più ali,
la polvere ha sepolto le scarpe.
Ma le aurore sono sempiterne.
Il sogno continua.
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