Hanno riparato la riva.
La sabbia che medica le ferite
spicca come pangrattato sulla teglia,
ma il caffè è spirato gelido nella tazzina.
Hanno rubato il silenzio.
Il crocchiare delle molliche rivela
l’incedere circospetto delle macchine.
Il clacson petulante dell’allarme ottunde.
Hanno rubato metà della luna.
La gatta non strazia più il suo desiderio
il gabbiano ha trovato pace d’amore sul cassero
il tordo ha scordato la chioma d’edera del poggiolo.
Hanno deflorato il sogno.
Da tempo inseguo versi -appigli su rami di cipressi
insonni-
messaggi in bottiglia sopravvissuti alle gore della
pigrizia,
quartine d’amore/dolore arrossate sullo specchio al
mattino
appunti stropicciati di calligrafia invecchiata dal
disamore.
(era nascosta poesia)
È tempo che io plachi la mia irrequietezza slegando le
parole
che premono sul cuore per descrivere la paura del
disincanto,
la sabbia che bruciava nell'emozione degli occhi s’è
abbrumata
la mano ora accarezza i tasti riscoprendo percorsi
dimenticati.
(ho divelto i sampietrini)
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