Sì, forse la magia della notte
delle stelle cadenti,
seppure non abbia
mitigato con il suo spettacolo
il dolore e lo sconcerto
per un sorriso interrotto,
ha senz’altro chiarito
quale avido cielo aspettarsi
d’ora in avanti. Ognuno
in cerca di una sua stella
da catturare, imprigionare
nella scatoletta d’osso
incurante se il cuore
protesta il suo spazio rubato.
Convinto delle sue
certezze acquisite o espropriate
non si cura delle
sofferenze altrui e -pronto, abile-
nel catturare errori o
dimenticanze, non perdona.
Io che non ho l’abecedario
celeste non leggo l’oltre
e che a poco a poco dissecco
la fonte dei miei versi,
mi ritiro come paguro
attonito nel carapace rubato.
Non più sorrisi oramai, solo
distratta indifferenza.
Inutile esercizio
flagellare l’anima interrogandosi,
quando hai la coscienza
di aver stretto la tua stella
e non averla saputo
custodire nella teca di cristallo.
Gli errori sono figli di
supponenza, di superficialità
e non vale più d’un soldo
bucato dar loro cognome
le stagioni incalzano non
si curano dei tuoi patemi.
Sarà perché spesso si è distratti
nel misurar la vita?
Sì, forse è così. Ma non
basta.
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