ho la nausea.
sfuggo il monitor. soffoco la tastiera.
L’ultima volta che ti
ho visto sedevi
sul ciglio d’una
fioriera di cemento
allacciato ai
tentacoli di un’edera,
adescato dai fiori
della speranza.
Il volto segnato
dalle troppe lune
compagne di notti
di veglia coatta,
gli occhi riarsi di
chi ha raccontato
anni di fantasmi in
parole e carta.
Ai piedi, tra frammenti
di crisalide,
un paio d’ali di
cristallo abbrumato:
“Il mio tempo qui è
finito. Tocca a te.”
e tornasti a cercar
lune nel bozzolo.
ho la nausea.
gingillo tra le mani la mia fragilità.
al capezzale di questa pagina bianca
ali incrostate d’apatia dileggiano le dita.
[ho un mucchietto di parole inacidite
incastrate tra lo sterno e la giugulare
pencolano come sfilacci di carne frolla]
che me ne faccio di queste false penne
se non posso volare oltre la mia inerzia?
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