erano sampietrini di porfido operaio
quelli che volavano vicino alla Statale
erano altri anni ma oggi fanno il paio
coi tempi che ingoiano anche l’ideale
dalla finestra entrava fumo arancione
cantavi Della Mea, i Nomadi, Guccini
indossavi l’eskimo, stringevi il limone
correvi giù in strada davanti ai celerini
allora sfilavamo indossando quell’idea
che recitava libero di vivere altrimenti
ma tra pietre e spari morì l’ultima dea
tra il ghigno soddisfatto dei delinquenti
che senso aveva per te quell’affanno
tu che vivevi estraneo di sogni colorati
e che alla sera seduto su uno scanno
cantavi utopie ai vecchi addormentati
cantavi senza voce, urlava la chitarra
il bicchiere di rosso nella cooperativa
copriva tutti i mali come una zimarra
e dondolavi al ritmo della locomotiva
poi rientravi a casa nell’ora indecente
la moglie disfatta dormiva sul divano
tu che la guardavi come un deficiente
piano ti scusavi stringendole la mano
se il fumo è tornato, è sparito il vento
le stagioni han soffocato i mutamenti
rimane come allora tutto lo sgomento
per non aver potuto essere altrimenti
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